Il cambiamento climatico è diventato uno dei temi più ricorrenti nelle agende politiche di tutto il mondo. Non esiste nazione ad oggi che non abbia dovuto affrontare problemi inerenti a fenomeni climatici estremi, contando vittime e danni a cui dover porre rimedio. La stessa Sicilia orientale di recente è stata investita da alcune bombe d’acqua che hanno causato ingenti danni alle zone di Catania e Siracusa, quest’ultima colpita anche da un uragano mediterraneo, detto Medicane.
L’impatto dell’uomo sulla natura
Tuttavia, non si tratta della prima volta in cui l’uomo si trovi ad affrontare fenomeni atmosferici estremi e che lo stesso non sia stato causa di catastrofi ambientali di enorme rilevanza. Per sapere di più a riguardo abbiamo intervistato il Professore Salvatore Adorno, Ordinario di Storia contemporanea presso l’Università di Catania, il quale tiene il corso di “Storia dell’ambiente in età contemporanea”, in cui analizza il rapporto tra uomo e natura in una prospettiva storica.
“Le bombe d’acqua, le alluvioni, gli eventi climatici estremi sono sempre esistiti – spiega il Prof. Adorno –, ma oggi c’è qualcosa di nuovo: sono più frequenti, più numerosi, più irregolari, più devastanti. Così ci dicono i climatologi, i geologi, gli storici. Cosa è cambiato? È un mero effetto della natura o c’è una responsabilità dell’uomo?
Oggi il 94 per cento degli studi sul clima attribuiscono all’uomo la responsabilità dei cambiamenti climatici e ci dicono che ormai siamo entrati nell’Antropocene, l’epoca in cui l’uomo è diventato un vero e proprio agente geologico al pari delle eruzioni dei vulcani, dei terremoti e dei cicli orbitali della terra. Ma l’indicatore per eccellenza dell’Antropocene è rappresentato dal cambiamento climatico”.
L’essere umano ha quindi ormai modificato in maniera attiva e continua il clima, avendo un peso non più trascurabile su ciò che accade nel pianeta Terra: “L’equilibrio termico del pianeta è stato alterato – continua il Prof. – dall’enorme quantità di anidride carbonica e metano (gas serra) che l’uomo ha immesso in atmosfera, consumando combustibili fossili, con l’attività produttiva, con la deforestazione, con l’allevamento intensivo di bovini, con i gas di scarico delle automobili e delle caldaie. L’effetto non è solo quello di aver fatto aumentare la temperatura media del pianeta di più di un grado ma anche quello di creare profondi squilibri energetici in atmosfera, di cui cicloni e bombe d’acqua sono le conseguenze più immediate”.
L’inquinamento umano: un problema sempre esistito
A differenza di quanto si possa comunemente pensare, alcuni studi storici mettono in evidenza come la specie umana da quando è apparsa sul globo terrestre, circa 300 000 anni fa, ha iniziato ad inquinare l’ambiente in modo più o meno considerevole. La creazione di utensili, per esempio, ha richiesto un’enorme quantità di materiali che venivano poi smaltiti in natura, così come i rifiuti più disparati che venivano gettati nei corsi d’acqua per allontanarli dalle abitazioni.
“C’è un ampio dibattito in corso tra gli scienziati per datare a partire da quando l’uomo è responsabile dei cambiamenti climatici determinando l’aumento di anidride carbonica, metano e altri gas traccia – spiega a riguarda il Prof. Adorno –. C’è chi ritiene sia un processo iniziato con la nascita dell’agricoltura, chi con la prima globalizzazione scaturita dalla Scoperta dell’America, chi con la Rivoluzione industriale, chi dopo la Seconda guerra mondiale.
Non c’è dubbio invece che da sempre l’uomo ha inquinato. Le particelle di piombo e di rame trovate nelle carote di ghiaccio (carotaggio: tecnica di prelevamento di campioni dal sottosuolo, specie dai ghiacciai, ndr.) ci dicono ad esempio che ci fu un profondissimo inquinamento in epoca romana, nel mediterraneo antico all’epoca della introduzione della coniatura delle monete o ancora in epoca Song cinese. In quella fase l’inquinamento dell’aria dovette essere, fatte le dovute proporzioni, superiore a quello attuale”.
Global warming o global cooling?
Nella società a noi contemporanea i climatologi avvertono del pericolo inerente al surriscaldamento globale (global warming), ma non sempre è stato così. Nel corso del Novecento per converso si temeva per il raffreddamento globale (global cooling).
Il Prof. Adorno ci spiega di cosa si trattava: “Il raffreddamento globale può essere considerato il rovescio della medaglia del riscaldamento globale. Le faccio un primo esempio. Chi ritiene che l’intervento dell’uomo sul clima sia iniziato con la Scoperta dell’America cerca di dimostrare che i virus importati dall’Europa in America hanno devastato la popolazione indigena riducendola da circa 60 milioni di abitanti a circa 6, determinando un abbandono delle terre coltivate e una vera e propria riforestazione spontanea. Gli alberi come è noto assorbono anidride carbonica ed emettono ossigeno, la diminuzione di anidride carbonica in atmosfera avrebbe causato una diminuzione delle temperature per cui il primo effetto dell’intervento antropogenico dell’uomo a inizio Seicento sarebbe stato un raffreddamento del clima.
Per arrivare ad un esempio più vicino – continua – l’effetto dell’anidride carbonica sulla corrente del Golfo porterebbe e far diminuire la sua capacità di mitigare il clima e quindi porterebbe un raffreddamento delle coste che tocca. Più in generale ancora l’eccesso di anidride carbonica in atmosfera crea scompensi energetici che alterano gli equilibri climatici tradizionali, per cui zone fredde possono essere attraversate da ondate di caldo e viceversa zone tradizionalmente calde da ondate di freddo”.
Il problema ambiente e le politiche globali
In tema di cambiamento climatico, lo scorso 31 ottobre, si è concluso il G20 a guida italiana, che ha posto il tetto massimo di 1,5 gradi per il riscaldamento globale. Eppure, alcuni paesi orientali come Cina e India hanno rivendicato il loro “diritto” allo sviluppo economico basato sui carburanti fossili, causa di forte inquinamento.
Non è sempre facile trovare quindi una mediazione sulle esigenze dei diversi paesi: “Il problema centrale – sostiene il Prof. Adorno – è che la questione climatica ci pone di fronte al tema di una grande capacità di concertazione geopolitica globale in grado di mediare tra gli interessi divergenti dei diversi paesi. L’Occidente che oggi fa da traino a questo percorso ha la grossa responsabilità storica di farsi carico anche dei problemi degli altri.
Per altri versi India e Cina – conclude – hanno una grande responsabilità nei confronti non solo del pianeta ma anche dei propri cittadini che sono i primi a subire gli effetti sanitari e sociali dell’inquinamento prodotto. Quale è in termini di vite e costi sanitari e sociali il costo che ricade sull’India a causa dell’inquinamento da carbone? Fino a che punto incide sullo sviluppo di quello stato. Quali sono i livelli di convenienza a una transizione energetica? Sono tutte domande a cui ancora abbiamo risposte troppo parziali”.