Indagati per diffamazione due soggetti precedentemente intervistati da un giornalista del programma "Le Iene": avevano rilasciato alcune dichiarazioni circa la morte dell’ispettore capo Filippo Raciti.
I due testimoni intervistati dal programma Le Iene sulla morte di Filippo Raciti sono indagati per diffamazione aggravata a mezzo stampa. Questi, di fatto, avrebbero riferito fatti non veri, sostenendo implicitamente che nelle indagini sulla morte dell’ispettore capo Filippo Raciti sarebbero state coperte volontariamente le responsabilità dei veri autori, indirizzandole a carico di Antonino Speziale.
I due testimoni accusati dalla Procura di Catania, una donna di 44 anni e un uomo di 42, erano stati sentiti dal giornalista Ismaele La Vardera sull’aggressione mortale avvenuta il 2 febbraio 2007 allo stadio Massimino.
I due hanno sostenuto la tesi del “fuoco amico”, secondo cui Raciti sarebbe stato ferito mortalmente da un Range Rover della polizia.
Tesi affrontata anche nei processi e smentita da tre gradi di giudizio. La Digos della Questura ha notificato loro un’informazione di garanzia e contemporaneo avviso di conclusione delle indagini preliminari firmata dal procuratore Carmelo Zuccaro e dal sostituto Andrea Bonomo. L’inchiesta è stata avviata su querela presentata dal capo della polizia dopo la messa in onda, il 12 novembre del 2020, delle interviste durante il programma trasmesso da Italia 1 . La donna, interpretata da un attrice, ha sostenuto che, poiché in qualità di familiare acquisita della famiglia Raciti, aveva partecipato ai funerali e in quell’occasione “aveva udito un poliziotto che avvicinandosi a Nazareno Raciti” avrebbe “chiesto scusa al padre dell’ispettore perché la morte del figlio era stata causata dalla manovra errata di un collega”.
Ha inoltre aggiunto che “aveva capito che Speziale era stato solo un ‘capro espiatorio”. L’uomo ha invece detto che Nazareno Raciti avrebbe riferito a suo padre di “avere saputo che suo figlio Filippo non era stato ucciso da Speziale, ma da colleghi con un’errata manovra con un’auto di servizio”.
Nazareno Raciti, sentito dalla Procura, ha smentito nettamente e decisamente entrambe le ricostruzioni. Per la morte di Raciti sono stati condannati per omicidio preterintenzionale a 8 anni e 8 mesi Antonino Speziale, all’epoca dei fatti minorenni e che ha finito di scontare la pena il 15 dicembre 2020, e a 11 anni Daniele Natale Micale, 33 anni, che è tornato in semilibertà poco prima di Natale del 2018, dopo avere scontato oltre metà della condanna in carcere a Catania, ed ha un residuo pena di meno di 2 anni.
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