Rifiuti, qualità dell’aria, utilizzo efficiente delle risorse idriche. Come dimostrato dal rapporto Ecosistema Urbano, Catania riesce a classificarsi nelle ultime posizioni in tutti i parametri chiave che determinano il benessere dell’ambiente cittadino. Ciò che stupisce, però, è la costanza dell’immobilismo catanese. La città è condannata alle ultime posizioni anche dalle classifiche degli anni precedenti, una stasi che niente riesce a scuotere.
Sembra quasi che, quando si parla di ambiente, il capoluogo etneo faccia orecchie da mercante. Mentre i dati fotografano una situazione cronicamente grave, le soluzioni intraprese non intervengono in modo radicale sulla situazione. Per capire di più sui problemi ambientali della città e su come affrontarli, abbiamo parlato con la presidente di Legambiente Catania, Viola Sorbello.
Una città soffocata dalle auto
Tra le città più popolate in Italia, Catania è quella col rapporto più alto di macchine ogni mille abitanti: 733. Quasi tre auto ogni quattro abitanti. Inoltre, come spiega Sorbello, è tra le pochissime in Italia, forse l’unica città metropolitana, a non aver ancora adottato un PUMS (Piano Urbano per la Mobilità Sostenibile).
“Si tratta di una gravissima inadempienza da parte del Comune – aggiunge la presidente di Legambiente Catania -. Una città che non si doti di un piano programmatico per la viabilità è grave di per sé. Se poi è la città di Catania, che già soffre del problema e che è ultima da anni nelle classifiche, dovrebbe esserci almeno uno scatto d’orgoglio per recuperare il tempo perduto”.
Invece, tutto tace, o quasi. Alla nomina del sindaco Pogliese, nel 2018, racconta Sorbello, venne organizzata una conferenza a cui parteciparono le associazioni ambientaliste della città per risolvere i problemi della mobilità urbana. Le proposte, però, non sono state applicate, PUMS incluso. Ma a cosa serve, in pratica, il PUMS?
“Non avere il PUMS significa intanto non avere un piano – spiega l’ambientalista –, per iniziare da oggi e applicarlo nel futuro. Significa danneggiare la città per i prossimi tre-quattro anni. Ma significa anche perdere i milioni che l’Europa mette a disposizione per la mobilità, perché questi fondi possono essere erogati solo alle città dotate di PUMS. Finché non lo avremo, la nostra città, per una incapacità amministrativa, viene condannata ad avere una viabilità da terzo mondo. Si tratta di un danno anche per l’economia”.
La nota dolente è soprattutto per il commercio. In una città piena di auto, le vie dello shopping si ritrovano intasate come le altre. E così, aggiunge in seguito la presidente di Legambiente Catania, i cittadini favoriscono direttamente e indirettamente il commercio decentrato, preferendo i centri commerciali in periferia a una passeggiata tra i negozi e il barocco.
Il problema auto, però, è alimentato anche dalle carenze del trasporto pubblico. Quando, a maggio, l’Italia riapriva dopo il lockdown, i sindaci di tante città italiane ed europee hanno predisposto soluzioni alternative per la mobilità, come le piste ciclabili di emergenza. Allora, Legambiente Catania e altre associazioni cittadine inviarono un documento al Comune, lanciando diverse proposte per una mobilità sostenibile ed efficiente. Proposte rimaste del tutto inascoltate. Oggi, invece, il problema è ancora lo stesso: “In questo momento la città è piena di macchine, malgrado gli uffici in smart working e gli ingressi contingentati. Nel momento in cui dovessero allargarsi le maglie del lockdown, se i mezzi pubblici avranno ingressi ridotti per evitare contagi, in città non si potrà più girare”, prospetta Sorbello.
In un confronto con altri sindaci siciliani e Legambiente svoltosi in estate, l’assessore alla Mobilità, Pippo Arcidiacono, aveva dichiarato che il PUMS sarebbe stato pronto per ottobre. “Siamo a fine novembre, il PUMS non c’è e non è stato comunicato nulla sulle ragioni del ritardo”, conclude l’ambientalista.
A Catania non si respira aria pulita
Sembrerebbe la logica conseguenza di quanto descritto finora, ma per molti non è ancora così. A Catania domina il falso mito di una città non toccata dal problema dello smog. L’affaccio sul mare garantirebbe secondo molti una qualità dell’aria, se non ottimale, almeno buona. “La verità è che in città ci sono alcuni abitanti più fortunati perché abitano vicino al mare – dichiara al riguardo la presidente di Legambiente Catania –, ma l’hinterland e la zona ovest respirano smog a tutto spiano. Catania è molto urbanizzata, non ci sono grandi spazi verdi in grado di ossigenare l’aria, ma conglomerati di cemento e stradine dove le auto passano numerose”.
Un problema i cui danni, però, non sono del tutto calcolabili. Il rapporto Ecosistema Urbano colloca Catania tra le città con la peggiore qualità dell’aria, ma nel rapporto alcuni valori, come le polveri sottili PM 2,5, non vengono rilevati in molte zone della città, perché le centraline che misurano la presenza di sostanze tossiche nell’aria sono solo tre in tutto il capoluogo: una all’incrocio tra corso delle Province, viale Vittorio Veneto e Corso Italia, una all’interno dell’ospedale Garibaldi (all’incrocio con via Fabio Filzi) ed una al parco Gioeni.
“Purtroppo, le centraline sono un numero limitato – spiega Sorbello -, mentre la qualità dell’aria si dovrebbe misurare in modo più esteso perché ne va della salute dei cittadini. Inoltre, i dati dovevano essere pubblicati sul sito del Comune di Catania. Nei fatti, in passato abbiamo provato più volte a collegarci ma sul sito non erano presenti.
Adesso la competenza per la misurazione della qualità dell’aria è diventata competenza dell’ARPA Sicilia. Quando venne il treno verde di Legambiente, però, le misurazioni le abbiamo fatte noi e i dati emersi erano allarmanti”.
Il rapporto coi cittadini e il problema rifiuti
Un altro falso mito che si sente spesso, secondo Sorbello, è quello della presunta inciviltà dei catanesi. “È sbagliato dare la colpa ai cittadini da parte dell’amministrazione – dichiara -. Quanto alla mobilità, i cittadini si muovono come possono. Se predisponi i cittadini a muoversi in un certo modo, come per la mobilità sostenibile, lo faranno, da qui la necessità di un piano.
I cittadini seguono istintivamente il modo in cui è predisposta la città – aggiunge -. Adesso, i catanesi prendono la macchina per spostarsi ovunque, come in Olanda negli anni ‘70. Se i trasposti fossero regolati in modo efficiente sono certa che i catanesi li userebbero. L’attuale amministratore, invece pare incentivare l’uso dell’auto, offrendo parcheggi in città, anche al centro storico, dal costo più basso d’ Europa. Altrove usare l’auto è un privilegio e costa carissimo, proprio per disincentivsre l’uso del mezzo privato”.
Un discorso diverso va fatto, infine, per il capitolo rifiuti. Catania non solo differenzia pochissimo, ma ha tra i rapporti più alti di spazzatura prodotta per abitante. Peccato che non sia tutta “farina” del suo sacco. “Tanti comuni etnei fanno la differenziata seriamente – spiega Sorbello -, ma c’è chi trasporta i propri rifiuti nella città di Catania per conferirli poi nei cassonetti della città. Così, Catania si trova a pagare un prezzo altissimo in termini di smaltimento”.
L’assessore ai Rifiuti di Catania, Fabio Cantarella, parla al riguardo di “turismo della munnizza”, ma la soluzione proposta sembrerebbe semplice: “Basterebbe togliere i cassonetti e usare il porta a porta ovunque. È l’unico sistema riconosciuto come efficiente per la differenziata”.
Peccato che il servizio costi e che dal Comune spesso si senta ripetere che pagano la TARI solo il 50% dei catanesi. “Gli uffici non sono in grado, con un mistero che io non mi so spiegare, di confrontare i dati tra catasto, bollette e anagrafe cittadina e capire quali immobili sfuggono alla tassazione – conclude la volontaria dell’associazione etnea –. La perdita è in milioni di euro che non si riescono a recuperare. Qui siamo impantanati sotto ogni aspetto”.