Uno dei giorni più sfortunati dell'anno è qui: ma perché il venerdì 13 dispiace così tanto? Vediamo la storia e le credenze popolari legate a questo giorno.
Anche per quest’anno è arrivato uno dei giorni più temuti da chi si affida alla sorte: lo spaventoso venerdì 13. In un clima difficile come quello attuale, l’osservatore più acuto puntualizzerebbe che al 2020 mancava solamente un venerdì 13 per completare il cerchio delle sue sfortune: dal virus ai meteoriti, passando per i ritrovamenti di misteriosi sarcofagi egizi, a quest’anno non è mancato proprio niente per essere definito un Annus Horribilis.
Ma perché questo giorno si rivela essere così nefasto per la gente? Le motivazioni hanno radici perlopiù bibliche: si pensi solo al venerdì, giorno della passione di Cristo ma anche del tradimento da parte di Giuda, durante l’ultima cena. Ma non solo, il venerdì è il giorno della cacciata dall’Eden, del primo fratricidio, commesso da Caino, del massacro degli innocenti da parte di Re Erode, dell’esecuzione di Giovanni Battista.
Il 13, invece, non piace sin dai tempi della mitologia norrena. Abituati ormai a considerarlo quasi un eroe, per via del Marvel Cinematic Universe, si sorvola il fatto che Loki è in realtà il tredicesimo dio della mitologia nordica, quello più cattivo, ingannatore di professione, maligno sopra ogni limite consentito. 13 è anche un numero indivisibile, se paragonato al “fratello maggiore” 12, divisibile un po’ per tutto, considerato praticamente perfetto. 13, infine, è il numero mancante tra le fila degli aerei, soprattutto negli USA. Ma non sempre in Italia.
Questo, perché in Italia il 13 non è poi un numero così malvagio. Anzi: spesso è sinonimo di vincita al gioco, di grandissima fortuna. Al contrario, il 17 è nefasto, da evitare a tutti i costi. Mancante dalle file degli aerei italiani, spesso inutilizzato anche tra gli appartamenti, per paura che rimangano invenduti. Le motivazioni per cui quest’ultimo numero non piace possono davvero essere attribuite a molteplici tradizioni: una di queste, che può essere citata, è attribuibile al latino Vixi, spesso trovato nelle tombe, il cui anagramma è inevitabilmente XVII, 17.
Dunque, un venerdì 17, paradossalmente, è da evitare su tutta la linea. Gli italiani, quest’anno, sono sopravvissuti a ben tre di questi giorni: a gennaio, inconsapevoli della pandemia in arrivo, ad aprile, in pieno lockdown, infine a luglio, da poco “liberi” dal confinamento a casa. Per il prossimo venerdì 13 bisognerà aspettare fino ad agosto 2021; subito dopo, a settembre, vi sarà un venerdì 17.
Si prospettano, dunque, meno sfortune, con più di sei mesi liberi da quei giorni “neri”? Con il 2020 in corso, risponderebbe il nostro osservatore acuto, è ancora tutto da vedersi. Non resta dunque che scoprirlo, affrontando dapprima la giornata di oggi, infine i mesi che verranno, sfidando la fortuna, alla ricerca di tempi più prosperi, anelati ora più che mai in un periodo così particolare per la storia dell’umanità come questo.
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