Nuovo DPCM in arrivo già tra il fine settimana e lunedì. Si pensa a smart working obbligatorio e chiusure anticipate per locali, ma anche alla didattica a distanza.
La curva dei contagi in Italia si impenna e il governo pensa a ulteriori nuove misure per limitare i contagi. Dopo il nuovo record di ieri, con diecimila casi registrati nell’arco di un giorno, l’esigenza di adottare misure più stringenti per contenere i contagi si fa più forte. Il ministro Speranza ha ribadito ieri che nessuna decisione è stata ancora presa. Tuttavia, il nuovo DPCM è atteso già per lunedì, se non nel fine settimana stesso.
A pochi giorni dall’ultimo DPCM che fissa la chiusura a mezzanotte per pub, ristoranti e locali, si potrebbe anticipare ulteriormente l’orario di chiusura, alle 22 o alle 23 per tutti le attività, con alcune eccezioni come le farmacie, introducendo così una sorta di corprifuoco. Inoltre, si pensa di ridurre ulteriormente la circolazione per le strade introducendo lo smart working obbligatorio, in una percentuale ancora da definire. Rimarrebbero ancora aperte le scuole, ma tra le nuove misure si ipotizzano ingressi scaglionati e, soprattutto, il ritorno della didattica a distanza per gli ultimi anni delle scuole superiori.
Infine, una nuova stretta potrebbe colpire anche il mondo dello sport, con regole più severe e possibili chiusure per palestre e sport di contatto. Tuttavia, siamo ancora nel campo delle ipotesi e per scoprire davvero qualcosa bisognerà aspettare il DPCM ufficiale. “Nessuna decisione è stata assunta in questo momento – ha dichiarato il ministro Speranza -. Leggo un’abbondanza di indiscrezioni, ma noi siamo qui e analizziamo tutti i dati, ci confrontiamo con le Regioni. Non inseguiamo le indiscrezioni”.
Nella serata di ieri, il commissario per l’emergenza Domenico Arcuri ha denunciato un numero di posti per le terapie intensive inferiori a quelli disponibili. “In questi mesi alle Regioni abbiamo inviato 3.059 ventilatori polmonari per le terapie intensive, 1.429 per le subintensive – dichiara Arcuri -. Prima del Covid le terapie intensive erano 5.179 e ora ne risultano attive 6.628 ma, in base ai dispositivi forniti, dovevamo averne altre 1.600 che sono già nelle disponibilità delle singole regioni ma non sono ancora attive”.
Alla denuncia di Arcuri fa eco, con toni più distesi, il ministro agli Affari Regionali Francesco Boccia: “Massima disponibilità e massima trasparenza – afferma –, chi ha bisogno di aiuto lo dica, ma questo va fatto prima di intervenire su lavoro e scuola. In questi mesi sono stati distribuiti ventilatori polmonari ovunque, così come confermato da Arcuri: il problema è dove sono finiti i ventilatori, attendiamo risposte in tempo reale dalle regioni”.
In giornata è previsto un coordinamento dalla Protezione civile con le Regioni, il ministro Speranza e Arcuri.
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