Quarantena in casa, senza poter fare altro che riposarsi. Questo il verdetto emanato nel DPCM del 7 agosto, che regolamenta i comportamenti da seguire qualora ci si ritrovasse ad essere asintomatici, ma pur sempre positivi al nuovo Coronavirus. Ciò, tra l’altro vale anche per coloro che, tornati dalle vacanze in zone a rischio, hanno l’obbligo di quarantena in attesa del tampone.
Qualsiasi possibilità di continuare col proprio lavoro viene dunque abolita, almeno fino al reintegro in società. “Questo isolamento è equiparato alla malattia, quindi implica il divieto di lavorare”, spiega l’avvocato Cesare Pozzoli, in un’intervista concessa al Corriere della Sera.
La positività asintomatica al Coronavirus è ormai diventata argomento di ogni giorno, creatrice di una diffidenza via via crescente tra gli italiani. Basti pensare ai dati dell’ormai passato mese di agosto: il 65% dei tamponi positivi è provenuto da persone totalmente asintomatiche, circa diecimila casi su 21.724. Il 75% del totale, invece, fa parte della fascia in età da lavoro.
Il Covid – 19, dunque, se non debilita dal lato fisico, non permette ai lavoratori più zelanti di continuare il proprio mestiere, neanche in smart working. L’attesa, in quarantena, non può che divenire più estenuante di quanto non lo sia già l’idea di essere risultati positivi al nuovo virus: ecco perché, per evitare questa situazione così come quella di un contagio più grave, occorre continuare a prestare attenzione e rispettare le misure di sicurezza stabilite.