Catania

Catania: scoperti antichi relitti romani sui fondali di Ognina

Foto di Alessandro Pagano
L'operazione, appena conclusasi, è stata condotta dalla Soprintendenza del Mare con la collaborazione del terzo Nucleo Subacqueo della Guardia Costiera; durante le immersioni e le esplorazioni.

L’importante campagna di indagine nelle acque di Catania per verificare lo stato di conservazione di due antichi giacimenti archeologici subacquei si è appena conclusa. Durante l’operazione – portata avanti dalla Soprintendenza del Mare, con la collaborazione del 3° Nucleo Subacqueo della Guardia Costiera di Messina diretto dal comandante Giuseppe Simeone e supportato da mezzi nautici della Capitaneria di Porto di Catania e dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Riposto – sono stati esplorati i fondali di Capo Mulini e Ognina per l’osservazione e lo studio di due relitti inabissatisi in epoca romana.

Il primo relitto, già segnalato nel 2009 ma rilevato completamente solo nel 2016, giace a una profondità di circa 55 metri con il suo carico di centinaia di anfore di almeno cinque tipologie differenti (probabilmente adibite al trasporto del vino) e risalirebbe a un periodo compreso tra fine II secolo a.C e la prima metà del I secolo a.C.; il secondo relitto, già noto dal 1986, trasportava un carico di tegole e si trova a una profondità di circa 40 metri non lontano dalla costa di Ognina. Quest’ultimo giacimento, non essendo mai stato studiato scientificamente, è stato indagato con le stesse modalità del primo relitto: in particolare, si è prestata attenzione all’area di dispersione e alle condizioni dei due carichi.

Le operazioni di ricerca sono state coordinate dall’archeologo della Soprintendenza del Mare Nicolò Bruno, affiancato da Teresa Saitta, archeologa esterna ma esperta dei fondali catanesi, e dall’esperto subacqueo locale Alessandro Barcellona. Coinvolto anche il comandante del Nucleo Subacqueo della Guardia Costiera, che ha messo a disposizione dell’operazione il ROV per poter immagazzinare immagini dei due relitti e controllarne al meglio le condizioni. Infatti, ha spiegato l’archeologo Nicolò Bruno, per “poter operare a quelle profondità con un veicolo munito di telecamera subacquea e monitor ci ha consentito di valutare le condizioni del giacimento archeologico e di indirizzare l’operatore ROV su aree particolarmente importanti per una più approfondita comprensione del relitto.

Particolarmente preziosa si è rivelata anche in questo caso la collaborazione con il Nucleo Subacqueo della Capitaneria di Porto grazie alla quale – dopo anni dalla scoperta del relitto – è stato possibile verificare che il carico di anfore si mantiene abbastanza integro, come anche tutti gli elementi in piombo delle ancore e la tubazione plumbea relativa alla pompa di sentina lunga ben 4 metri, che sono rimasti nella stessa posizione di giacitura del 2016″. “La scelta di effettuare una ricognizione sui due relitti è stata dettata anche dalla necessità di acquisire elementi utili a creare itinerari subacquei per un turismo particolare, considerato che nella zona vi sono diving che hanno tutte le caratteristiche per poter operare in profondità”.

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La Soprintendente del Mare Valeria Li Vigni ha poi specificato che “l’attività della SopMare è costantemente orientata alla ricerca, tutela e manutenzione degli itinerari e dei siti individuati che vengono protetti attraverso ordinanze di interdizione che provvediamo a richiedere alla Capitaneria di Porto. Il primo relitto, anche se posto a notevole profondità, è in condizione di essere visitato senza alcun intervento, poiché il carico anforario è visibile e ben conservato. Il relitto delle tegole, invece, come constatato dalla ricognizione e dalla documentazione prodotta, ha bisogno di una sostanziale pulitura che servirebbe a far emergere le numerose tegole che, anche se coperte da sabbia, appaiono essere impilate. In quest’ultimo caso non ci troviamo davanti a un vero e proprio scavo subacqueo, ma ad un intervento che, oltre a consentire una migliore fruizione, permetterebbe di studiare più approfonditamente il sito ritrovando elementi utili per una più precisa datazione della nave e del suo carico”.