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L’uso della ‘NciĆ¹ria: come i soprannomi siciliani hanno influenzato la nostra cultura

Albero genealogico
Fonte: Wikipedia Commons.
Cos'ĆØ la 'nciĆ¹ria? PiĆ¹ che una tradizione popolare, i soprannomi siciliani hanno segnato le storie di famiglie e individui, diventando, per dirla con Leonardo Sciascia, quasi un "genere letterario".

“Scusi, per i La Magna?”; “Chi?!”; “I Panda!”; “Ah! Vai avanti, gira a sinistra e poi in fondo, il cancello blu”. Questo dialogo, avvenuto diversi anni fa tra un amico che cercava di farsi spiegare la strada per casa mia (ho sempre vissuto in zone abbastanza fuori mano) e un vicino, spiega bene cosa significhi avere una ‘nciĆ¹ria in Sicilia. La ‘nciĆ¹ria, chiamata anche ‘ngiuria, peccu o peccuru, si lega a un individuo o un gruppo di persone e spesso l’accompagna per tutta la vita. Una sola parola o due in siciliano bastano a chiarire il posto che occupiamo o che hanno occupato i nostri avi nella societĆ , dicendo molto sulle nostre origini. PiĆ¹ che una semplice “tradizione popolare”, la ‘nciuria ĆØ una miniera di conoscenze per linguisti e antropologi, ma ha anche un importante valore letterario, malgrado negli anni il suo uso stia diminuendo.

‘NciĆ¹ria: origine e significato

La parola ‘nciĆ¹ria significa nel senso letterale ingiuria, dal latino “iniuria(m)”, col significato di “fuori legge, ingiusto“. Un composto che viene dal privativo “in-” e dal sostantivo “ius, iuris”, diritto. Nel significato piĆ¹ comune, l’ingiuria ĆØ quindi un’offesa, un insulto alla dignitĆ  altrui. In siciliano, tuttavia, il connotato offensivo in parte si perde e la parola assume una sfumatura piĆ¹ neutra, equivalente in italiano al soprannome, proprio o di famiglia.

Questi “soprannomi” possono avere le origini piĆ¹ disparate e ciascuno descrive una peculiaritĆ  dell’individuo o gruppo di persone che designa, con toni che possono essere scherzosi, descrittivi o anche ingiuriosi. Alcune ‘nciĆ¹rie, tra le piĆ¹ comuni, alludono a caratteristiche fisiche e, specie a quando si riferiscono ai singoli, sono sempre precedute dall’articolo (“u Tignusu”, “a Mena”). Altre, invece, alludono al carattere personale (“Ammuccalapuni” o anche “Buddaci”). Interessanti, poi, le ‘nciĆ¹rie che si rifanno ai mestieri, perchĆ© a volte parlano di una Sicilia che non c’ĆØ piĆ¹, con alcuni lavori scomparsi nel corso degli anni (“Uttaru”, chi costruisce le botti; “Tammurinaru”; “Firraru”).

Insomma, come diceva lo studioso tedesco Gerhard Rohlfs, autore di uno dei piĆ¹ importanti studi sulle ‘nciĆ¹rie nel volume Soprannomi siciliani: “Non ĆØ un’esagerazione quando si dice che il soprannome rappresenta una fonte inesausta per la creazione di nuovi cognomi. Anzi, si puĆ² sostenere che essi, particolarmente in Italia, costituiscono l’elemento piĆ¹ vivo, piĆ¹ variato e piĆ¹ interessante nelle molteplici origini, donde sono sorti i cognomi moderni”.Ā Non a caso, a Capizzi, un comune del Messinese, gli abitanti hanno chiesto e ottenuto alla fine degli anni ’90 che i soprannomi venissero registrati assieme ai cognomi all’anagrafe.

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Le ‘nciĆ¹rie nella letteratura

InĀ Il giorno della civetta,Ā Leonardo Sciascia definisce le ‘nciĆ¹rie “questa specie di genere letterario“, ma ai soprannomi hanno attinto tutti i grandi scrittori siciliani. Due significativi esempi vengono da Giovanni Verga e sono legati proprio alle sue opere piĆ¹ famose. In Rosso Malpelo la ‘nciĆ¹ria del protagonista ĆØ legata al pregiudizio secondo cui chi ha i capelli rossi sarebbe “malvagio”. Un soprannome che incide sulla vita del protagonista e che da solo ne influenza il carattere, le azioni e la stessa sorte, mostrando quanto forte possa essere il giudizio arbitrario della societĆ  sui piĆ¹ deboli. Nella novella, un altro esempio ĆØ legato a “Ranocchio”, chiamato cosƬ per la sua andatura claudicante, mentre il padre di Malpelo ĆØ soprannominato “Bestia” per la sua capacitĆ  di sobbarcarsi i lavori piĆ¹ pesanti. Per non dimenticare, poi, I Malavoglia, dove la ‘nciĆ¹ria si lega all’intera famiglia.

CosƬ scriveva Verga in una lettera all’amico Luigi Capuana nel 1878: “Io son contento del mio sacrificio incruento, che mi lascia meglio soddisfatto del mio lavoro e mi fa sperare che riesca quale l’ho vagheggiato in immaginazione. A proposito, mi hai trovato una ‘ngiuria che si adatti al mio titolo? Che ti sembra diĀ I Malavoglia?“, mentre nel romanzo scrive che, in realtĆ , il vero cognome della famiglia era “Toscano”, ma questo non voleva dire nulla, poichĆ© da che mondo era mondo, […] li avevano conosciuti per Malavoglia”.

Ma di ‘nciĆ¹rie hanno fatto uso in diversi modi anche altri scrittori, come Pirandello, Brancati o, in tempi ancora piĆ¹ recenti, Camilleri. Se cosƬ tanti letterati si sono appropriati di questa tradizione, fino a trasformarla in un vero e proprio espediente letterario, ĆØ perchĆ© i soprannomi siciliani sono simbolo dell’identitĆ  psicologica non solo delle persone a cui vengono affibbiati, ma dell’intero contesto sociale da cui nascono, acquisendo la capacitĆ  di raccontare la nostra terra anche a chi non l’ha mai vista.

E oggi? AttualitĆ  e “declino” dei soprannomi siciliani

Viene ripetuto da tutte le parti che le ‘nciĆ¹rie sono una tradizione che sta scomparendo. Sopravvivono tra gli anziani e nei piccoli paesi, ma tra i giovani sarebbero cadute in disuso. Tra le cause addotte, la modernitĆ , la scomparsa di alcuni mestieri e, forse, anche un modo diverso di vivere in societĆ . Ma ĆØ davvero cosƬ? In un articolo degli studiosi Giuseppe Paternostro e Roberto Sottile in cui si analizzano i rapporti tra nickname e ‘nciĆ¹ria tra i giovani, si parla di “problemi di vitalitĆ ” dei soprannomi siciliani. Giovane etĆ  e vita urbana sarebbero i principali fattori che da un lato determinano la contaminazione del siciliano con l’italiano e dall’altro rendono piĆ¹ effimeri e volatili i soprannomi.

I due ricercatori hanno quindi individuato tra un gruppo composito di adolescenti la resistenza di forme tradizionali, come le ‘nciĆ¹rie in siciliano derivanti dal soprannome di famiglia o da alcune caratteristiche fisiche (“Bbaff’i chiummu”, “Panella”). Allo stesso tempo, perĆ², altre vengono dal mondo della musica o dalla TV e mostrano come anche i soprannomi vadano “italianizzandosi” (come “Caparezza”, dal nome del cantante, o anche “Pipitona”, dalla nciĆ¹ria di famiglia Pupituni).

In conclusione, se la tradizione cambia col passare degli anni, non puĆ² dirsi di certo abbandonata. I soprannomi accompagnano da sempre l’umanitĆ  e con ogni probabilitĆ  continuerĆ  a essere cosƬ anche in futuro. Anzi, ĆØ possibile che oggi nascano nuovi modi di usare la ‘nciĆ¹ria, recuperando o riscoprendo il legame col siciliano e provando a farle rivivere. In un mondo in cui tutti i nomi utente sono sempre giĆ  presi e si avverte ogni giorno di piĆ¹ il bisogno di pallini blu che certifichino la nostra identitĆ , chi dice che la ‘nciĆ¹ria non possa diventare un modo per distinguersi dalla massa, cosƬ come da sempre distingue famiglie e persone?

A proposito dell'autore

Domenico La Magna

Nato a Catania, classe '95, si ĆØ laureato in Filologia Moderna all'UniversitĆ  di Catania nel 2020 con una tesi su Calvino e l'editoria. Inizia a collaborare con LiveUnict da ottobre 2017. Appassionato di politica, segue con particolare attenzione i temi riguardanti lā€™Unione Europea e lā€™ambiente. Frequenta il Master di 2Ā° Livello in Professione Editoria all'UniversitĆ  Cattolica di Milano.