Sud America, Australia, India, Marocco sono alcuni dei Paesi che ospitano circa settemila italiani rimasti bloccati in giro per il mondo a causa della pandemia. I loro voli per l’Italia sono stati cancellati e riprogrammati senza sosta da diverse compagnie aeree.
È quanto emerge da un report de La Repubblica che evidenzia tutte le difficoltà degli italiani che hanno provato a rientrare in patria. Chi si trovava all’estero per lavoro e chi per piacere, adesso sono tutti bloccati in giro per il mondo senza riuscire a tornare in Italia. Utilizzando i social network, gli italiani all’estero denunciano una situazione insostenibile. Raccontano di voli organizzati grazie al ministero italiano, ma con tariffe doppie o quadruple rispetto al solito: 500 euro dal Marocco e più di 2000 dall’Argentina.
“Noi siamo cittadini di serie B? Perché altri paesi fanno tornare gratis i loro concittadini approfittando dei fondi per i rimpatri europei che pagano il 75 per cento dei viaggi?“
Si chiedono tutti perché non sia possibile tornare in Italia con voli gratuiti organizzati dal ministero, come avvenuto in Germania, Spagna, Austria e Belgio. Gli italiani rientrati in patria gratuitamente sono stati solo 1000, a fronte dei 3000 tedeschi. Il ministero guidato da Di Maio sostiene di aver valutato l’opzione, ma che doveva essere riservata a Paesi in cui non esiste opzione commerciale di rientro e che ci dovevano essere circa la metà di cittadini stranieri sul volo.
Secondo Bruxelles, invece, non c’è alcun limite numerico, basta che i voli portino a bordo alcuni cittadini anche di altri partner Ue. È lo Stato che deve richiederne l’attivazione. L’Italia lo ha fatto solo una volta, a febbraio per un volo dal Giappone.
La procedura è semplice. Lo Stato organizza il volo e decide se è militare, commerciale o di linea. L’ unico requisito è che ospiti nel tragitto altri viaggiatori di altri paesi della Comunità Europea. L’Europa paga il 75% del volo, mentre la maggior parte dei cittadini non paga. Il Paese organizzatore potrebbe al massimo richiedere il 25% ai passeggeri, ma accade raramente. Gli italiani all’estero richiedono allora un intervento del ministro degli Esteri per l’utilizzo di questi fondi comunitari.