Recenti studi condotti dalle autorità competenti hanno appurato che il virus circola nell'aria in maniera molto più sostenuta di quanto inizialmente si credesse. L'OMS si dice pronto, quindi, a cambiare le norme in merito all'utilizzo delle mascherine.
Fino ad oggi, le autorità competenti avevano consigliato di indossare le mascherine se si presentavano sintomi riconducibili al Covid-19 o se si assisteva ai pazienti infetti.
Ricerche condotte nelle ultime settimane, però, hanno appurato che il virus circola nell’aria in maniera molto più sostenuta di quanto inizialmente di credesse; alla luce dei risultati di un nuovo studio dell’MIT, in particolare, l’OMS sarebbe pronta a rivedere le sue disposizioni in merito all’utilizzo delle mascherine: “Stiamo studiando le nuove evidenze scientifiche e siamo pronti a cambiare le linee guida, se necessario”, ha detto alla Bbc David Heymann, l’infettivologo David Heymann, presidente di un gruppo di consulenti dell’Oms che valuterà se – per rallentare la diffusione del virus – è necessario che un maggior numero di persone indossino le mascherine.
“L’Oms sta riaprendo la discussione esaminando le nuove prove per vedere se dovrebbe esserci un cambiamento nel modo in cui consiglia l’uso delle mascherine”, ha detto Heymann, ex direttore dell’Oms che nel 2003 coordinò la risposta dell’organizzazione alla Sars. Attualmente l’Oms raccomanda una distanza minima di almeno un metro da una persona che tossisce o starnutisce e sottolinea che i malati o le persone che mostrano i sintomi della malattia dovrebbero indossare le mascherine.
Il nuovo studio indica che le goccioline emesse con un colpo di tosse o uno starnuto possono raggiungere rispettivamente fino a sei e otto metri di distanza. Tuttavia precisa che le microparticelle più piccole possono ‘viaggiare’ nell’aria anche per distanze ben più lunghe. Se questi dati verranno confermati, ha commentato Heymann, “è possibile che indossare una mascherina sia altrettanto efficace o più efficace della distanza” interpersonale.
Paolo D’Ancona, epidemiologo dell’Istituto Superiore di Sanità nazionale, ha spiegato a La Repubblica che il Coronavirus, negli ospedali gremiti di pazienti sottoposti a ventilazione meccanica, potrebbe trasmettersi anche via aerosol, ossia come sospensione nell’aria.
Affermazioni sostenute da uno studio del New England Journal of Medicine, pubblicato il 17 marzo, che ha stimato una sopravvivenza di circa tre ore per il virus in aerosol; inoltre, un esperimento del Massachusetts Institute of Technology, ha osservato che la trasmissione del virus per aerosol può arrivare fino a 7-8 metri con uno starnuto, a differenza delle goccioline che, una volta emesse, ricadono subito a terra senza superare la distanza di 1-2 metri.
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