Attualità

Coronavirus, donne e smart working: 1 su 3 lavora più di prima

Quella dello smart working è una realtà che sta interessando sempre di più l'intero territorio nazionale. Tuttavia, non risulta sempre una soluzione adeguata e priva di distrazioni, sopratutto per le donne. Ecco perché.

In Italia, soprattutto di questi tempi, se ne sente parlare sempre più frequentemente: lo Smart Working, definito dall’Osservatorio del Politecnico di Milano come una nuova filosofia manageriale basata su flessibilità e autonomia professionale, comincia ad interessare gran parte delle aziende e delle imprese operanti su tutto il territorio nazionale.

L’analisi del mondo professionale italiano, in tempi affetti da Covid-19, è stata oggetto di una ricerca condotta da Valore D, prima associazione di imprese in Italia con l’obiettivo di indirizzare il mondo del lavoro verso una cultura più egualitaria e inclusiva. L’indagine #IOLAVORODACASA, condotta su oltre 1300 lavoratori, ha evidenziato che circa il 93% degli intervistati sta, difatti, lavorando da casa: fruire di una postazione lavorativa adeguata, tranquilla e priva di distrazioni sono presupposti fondamentali per svolgere al meglio questo lavoro flessibile e autonomo.

Sebbene la maggior parte delle aziende abbia quasi anticipato le disposizioni governative, muovendosi sul fronte tecnologico per fornire ai dipendenti adeguate piattaforme e strumenti di supporto, in un momento di reclusione familiare forzata, richiesto dalle misure precauzionali anti-coronavirus, ricercare e adoperare spazi domestici isolati non risulta particolarmente facile ad 1 donna su 3: conseguenza spiacevole è il mancato equilibrio tra vita domestica e vita professionale: “La responsabilità della cura famigliare continua a gravare in prevalenza sulle donne che, soprattutto in questa situazione di emergenza, fanno fatica a conciliare la vita professionale con quella personale”, ha dichiarato Barbara Falcomer, direttrice generale di Valore D.

È uno Smart Working che, quindi, viene a mancare della sua componente “smart”, traducendosi spesso e volentieri in stress, confusione e, addirittura, ansia e rabbia. Sugli uomini, invece, l’impatto ugualmente negativo si riscontra invece su 1 campione su 5. Data una simile situazione, ha continuato la direttrice, si dovrebbe invece fomentare un maggiore senso di corresponsabilità genitoriale al fine di tenere distinte due sfere personali, quella professionale e quella privata, che non dovrebbero assolutamente collidere.

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Tuttavia, circa il 48% delle intervistate, ha dichiarato di essere pronta a fronteggiare una situazione simile, all’insegna della resilienza. Di contro, circa l’11% delle donne sotto ai 30 anni ha invece manifestato titubanza. Per non essere manchevoli dal punto di vista ludico, si può contare anche sull’aiuto delle stesse aziende che stanno mantenendo vive piattaforme indirizzate a pause caffè e pranzi virtuali, video call di gruppo al fine di allentare la tensione di questi momenti.