Categorie: Speciale Sant'Agata

Viaggio tra riverenza e tradizione: la storia delle “minnuzze” di Sant’Agata

A pochi giorni dalla festa della Santa Patrona etnea, ripercorriamo la storia delle "minnuzze di Sant'Agata", dolce tipico di Catania, indissolubilmente legato alla storia della città.

Era la fine dell’anno 250. Il proconsole Quinziano giunse in Sicilia per applicare l’editto dell’imperatore Decio, che prevedeva l’abiura pubblica della fede per tutti i cristiani. Chi non rispettò il volere di Roma dovette subire una dura persecuzione. Secondo la tradizione, quando il proconsole vide la giovane Agata se ne invaghì follemente. Venuto a conoscenza delle sue nobili origini familiari, le chiese di adorare gli dei pagani e di ripudiare il cristianesimo. Agata rifiutò con vigore, andando incontro a un triste destino.

La giovane venne affidata alla cortigiana Afrodisia, possibilmente una sacerdotessa di Venere o Cerere, che avrebbe dovuto corromperla moralmente, attraverso pressioni psicologiche, in modo di sottometterla ai desideri di Quinziano. Agata riuscì a superare quel terribile tormento, fortificando ancora di più il suo carattere.

Dopo questa prova di forza da parte della giovane, Quinziano convocò un processo contro la futura Santa nel Palazzo Pretorio. Secondo quanto ci racconta la tradizione, Agata era molto preparata dal punto di vista della dialettica e della retorica. Subito dopo il processo fu condotta in carcere, dove dovette subire pene strazianti. A seguito di una violenta fustigazione, le furono strappati i seni con le tenaglie. In punto di morte le apparve San Pietro, che le guarì miracolosamente le ferite, salvandole la vita. Ad ogni modo, Agata non poté salvarsi, perché la notte dopo aver subito il supplizio dei carboni ardenti, il 5 febbraio 251, emise l’ultimo respiro nel freddo buio della sua cella.

Immediatamente, i catanesi iniziarono a venerare la giovane vergine, che scelse il martirio piuttosto che l’abiura della fede. Nell’atto politico, cioè la difesa dall’oppressore straniero, era intrinseco anche l’atto religioso, la difesa del cristianesimo, che consacrò Agata a Santa sia per i cattolici che per gli ortodossi.

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Dal racconto della recisione dei seni è nata la tradizione delle “minnuzze di Sant’Aita”, un dolce tipico del capoluogo etneo, visibile nelle pasticcerie di Catania e provincia in tutto l’anno. Dall’inconfondibile forma tonda, bianche e con una ciliegia candida al di sopra, uniscono sentimento e devozione. Ogni catanese e ogni turista non può non addolcire la festa dalla Santa con l’assaggio di una tipica cassatella. Ripiene di ricotta, farcite di pan di spagna con qualche goccia di cioccolato, la forma somigliante ad un seno viene inondata da una candida glassa.

La “minnuzza” venne citata anche dal principe Salina in un famosissimo passo del Gattopardo di Tomasi da Lampedusa, nel quale si trova un discutibile interrogativo: come mai questo dolce delizioso quanto esplicito non ha attirato l’attenzione del Sant’Uffizio, ministero ecclesiastico molto severo, sempre guardingo nei confronti dei suoi sottoposti? La storia una risposta non l’ha consegnata, non ci resta che prendere parte alla festa della Santuzza, degustando un mix di riverenza e tradizione.

Amedeo Barbagallo

Catanese, 2001. Studente di Filosofia, collabora con Avanti! e LiveUnict. Cura un blog.

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Amedeo Barbagallo

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