Nuova proposta di abbassamento dell'Iva sugli assorbenti: aliquota dal 22 al 10% per iniziare a pensare anche in Italia i prodotti igienici femminili non come beni di lusso, bensì come una necessità. Sarà la volta buona?
Si torna a parlare di Tampon tax, o meglio di tassa sugli assorbenti. Se nella maggior parte d’Europa ormai da diverso tempo i governi si sono mossi per l’abbassamento dell’aliquota sui prodotti igienici femminili, in Italia questa è ancora ferma al 22%, il che vale a dire che nel bel Paese i tamponi e gli assorbenti utili a tutte le donne nel periodo mestruale sono equiparati ancora ai beni di lusso.
Diverse proposte di legge sono state fatte negli anni da forze politiche minoritarie, radicali o di opposizione al fine di ridurre la tampon tax. La prima proposta di abbassare l’Iva sugli assorbenti era venuta da alcuni deputati di “Possibile”, tra cui in prima linea per la battaglia con la Tampon tax vi era già nel 2016, Giuseppe Civati.
Appena sei mesi, il Pd che ancora ricopriva l’opposizione, aveva proposto un emendamento alla legge sulle semplificazioni fiscali, relativo alla tassa sugli assorbenti. La misura, proposta nel maggio scorso, chiedeva di ridurre l’Iva sugli assorbenti, oltre che su altri prodotti igienici femminili, dal 22% attuale al 5%. La camera dei deputati aveva però respinto l’emendamento, con 253 voti contro e 189 a favore, facendo naufragare ancora una volta la possibilità che l’Italia si uniformasse alle scelte degli altri paesi europei. Tuttavia, pare che il Partito Democratico non si sia arreso.
Nei giorni scorsi, infatti, l’ex presidente della Camera Laura Boldrini, insieme ad altre 32 deputate di vari gruppi politici, sia di maggioranza che di opposizione, ha sottoscritto e presentato un emendamento al decreto legge sul fisco, presentato in commissione Finanze alla Camera, il quale prevede che venga applicata “ai prodotti sanitari e igienici femminili, quali tamponi interni, assorbenti igienici esterni, coppe e spugne mestruali, l’aliquota del 10 per cento dell’imposta sul valore aggiunto (Iva)”.
Nonostante la proposta sia meno ambiziosa della precedente e per questo apparentemente di più facile realizzazione, il timore e il rischio di un ulteriore respingimento è sempre alto. Non solo perché la misura entrerebbe in conflitto con gli altri provvedimenti in materia fiscale, venendo definita di fatto “incompatibile”, ma soprattutto pare che il più grande ostacolo a questo tipo di misure sia ancora rappresentato dall’arretratezza culturale dei nostri politici.
Un esempio è stato offerto dalla gaffe televisiva del deputato Dell’Uva, ospite a La 7, lo scorso maggio, quando dichiarò che oltre alla mancata copertura finanziaria il provvedimento sull’abbassamento della Tampon tax non era passato perché “esistono soluzioni migliori per l’ambiente, come le coppette e i pannolini lavabili”. Il deputato sosteneva che approvare l’abbassamento dell’Iva avrebbe incentivato un maggior uso di assorbenti usa e getta, producendo quindi maggiore inquinamento.
Mentre in Italia ancora nessuna proposta di legge è riuscita ad abbassare la tassa sugli assorbenti, nel resto d’Europa la tampon tax continua a scendere. In Germania ad esempio dal primo gennaio 2020 i prodotti per l’igiene intima femminile non saranno più tassati come beni di lusso: l’Iva scenderà dal 19% al 7%. La misura è stata inclusa nella legge tributaria dopo una pressante campagna del movimento femminista che ha lanciato una petizione online e ha pubblicato The Tampon Book, un libro contenente 15 assorbenti interni che è finito sulla scrivania di 100 deputati tedeschi.
Dal 2007, le normative europee consentono l’abbassamento della aliquota sui prodotti igienici femminili, in particolare una direttiva Ue permette di ridurla fino al 5%. È così che la maggior parte dei paesi membri dell’Ue ha intrapreso negli ultimi anni questa strada verso la riduzione della Tampon tax. L’Irlanda con l’aliquota allo 0% è un caso eccezionale: la detassazione degli assorbenti era stata infatti decisa prima dell’entrata in vigore della direttiva europea, la quale non avendo effetto retroattivo permette all’Irlanda di mantenere la totale detassazione. Nel frattempo in Scozia l’anno scorso il governo ha deciso di distribuire gratuitamente assorbenti e tamponi a tutte le studentesse che frequentano scuole, college e università. Questo programma, che ambisce a contrastare le difficoltà economiche delle donne nel periodo mestruale,la cosiddetta “povertà mestruale” ha determinato uno stanziamento di 5,2 milioni di sterline.
Dodici paesi membri dell’Ue (Regno Unito, Cipro, Francia, Portogallo, Paesi Bassi, Belgio, Polonia, Estonia, Slovenia, Slovacchia, Austria, Spagna) pongono poi un’aliquota dal 5 al 10% ai prodotti per il ciclo mestruale. Mentre la Grecia si colloca a metà strada con aliquota pari al 13%. Quanto a Tampon tax vanno meglio dell’Italia anche Lussemburgo(17%), Romania (19%), Bulgaria(20%) Lituania, Lettonia e Repubblica Ceca(21%): tuttavia anche se l’aliquota applicata agli assorbenti è inferiore al 22% applicato dall’Italia, in realtà in questi Paesi come in Italia l’aliquota applicata ai prodotti igienici femminili è la stessa applicata ai beni di lusso, come potrebbero essere gioielli o sigarette. Stessa cosa per i restanti paesi Ue, che però applicano addirittura un’aliquota più alta agli assorbenti, così come ai beni di lusso, questi sono: Finlandia(24%), Svezia, Croazia, Danimarca(25%) e Ungheria (27%).
Ed è proprio questo che continua a rendere la Tampon tax odiosa: il fatto di vedere equiparati due beni così diversi. Da un lato, gli assorbenti e i tamponi, necessità per le donne ogni mese durante il periodo mestruale, dall’altro i beni come gioielli, sigarette, alcool o tablet che di necessario hanno ben poco. Se ognuno di noi potrebbe fare a meno dei secondi, ogni donna non potrebbe mai fare a meno degli assorbenti, a meno di limitare la sua stessa libertà di movimento nella società.
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