Tra le leggende metropolitane di Catania, quella della scolaresca scomparsa nei cunicoli dell’anfiteatro romano resta una delle più conosciute.
Gli abitanti etnei sono soliti riferirsi a esso come la “Catania Vecchia”, ma a buon diritto lo si potrebbe appellare anche “Colosseo nero”. L’anfiteatro romano di Catania, infatti, non ha nulla da invidiare al “fratello” romano, sia per la maestosità della sua architettura che per la sua storia centenaria. Situato nel centro della città, intorno a esso girano voci e leggende metropolitane, tra le quali spicca forse una delle più conosciute e avvolte dall’enigma, quella della scolaresca scomparsa nei cunicoli dell’Anfiteratro romano.
Le dicerie intorno a questo storico e amato monumento catanese non mancano di certo. Si narra, per esempio, che nel 252 d.C. una violenta eruzione dell’Etna abbia quasi sfiorato e rischiato di distruggere l’anfiteatro romano. L’intervento del velo di Sant’Agata, la quale aveva subito il martirio proprio nei pressi di quel luogo, avrebbe, però, arrestato l’avanzare della lava.
L’intervento miracoloso del velo, comunque, non sembrerebbe aver difeso a lungo l’anfiteatro, considerato che esso fu sommerso più volte dal magma etneo, fino a diventare per l’appunto un patrimonio storico sommerso. I suoi cunicoli, infatti, sono oggi quasi interamente sotterranei, eccezion fatta per la parte del monumento visibile da piazza Stesicoro, e qui, si vocifera, negli anni Ottanta una scolaresca si sarebbe addentrata per non fare più ritorno.
Non si conosce con esattezza la data di costruzione dell’anfiteatro romano, ma si sa che, senza dubbio, si tratta di un monumento di età imperiale romana. Alcuni studiosi collocano la sua realizzazione nel II secolo d.C. e si suppone che ospitasse spettacoli di diverso tipo. È assodato, invece, che già a partire dall’epoca di Teodorico, cioè tra il 494 e il 526 d.C., l’anfiteatro romano si trovasse in condizioni di abbandono, al punto che i catanesi chiesero all’imperatore il consenso per utilizzare le sue pietre come materiale da costruzioni.
Costruito in pietra lavica e preziosi marmi, si estendeva per una circonferenza esterna di circa 300 metri, rendendolo, di fatto, il secondo anfiteatro più grande al mondo, subito dopo il Colosseo a Roma. Diverse eruzioni dell’Etna, nel tempo, finirono per ricoprire interamente la zona, che nel 1800 era interamente chiusa. Solo nel 1904, per volontà del sindaco De Felice, ebbero inizio i lavori di scavo, a opera dell’architetto Filadelfo Fichera, conclusi due anni dopo.
Ad accrescere il fascino e la popolarità di questo luogo, a partire dagli anni Ottanta cominciarono a diffondersi delle dicerie riguardati un’ipotetica scolaresca scomparsa nei suoi cunicoli. Si racconta, infatti, che in quegli anni, in una data non precisata, un gruppo di scolari in visita presso l’anfiteatro romano di Catania si sarebbe perso tra i suoi tunnel e non fu mai più ritrovato.
Stando alle voci, la scolaresca sarebbe stata composta da venticinque alunni di scuola elementare e quattro maestre, tutti spariti misteriosamente mentre erano intenti a visitare la parte sotterranea dell’edificio. Si pensa che essi potrebbero essersi allontanati e addentrati nella parte chiusa al pubblico e che, sebbene le repentine operazioni di ricerca, nessuno di essi fece mai ritorno a casa.
L’avvenimento rimane tutt’oggi, e lo resterà forse per sempre, circondato dal mistero e da un velo di scetticismo. La forma ovale dell’anfiteatro, infatti, smentirebbe del tutto la leggenda metropolitana, poiché non sembrerebbe affatto possibile perdersi al suo interno. Anche addentrandosi nella zona chiusa al pubblico, effettivamente, non sarebbe possibile non ritrovare l’uscita.
Alcuni ritengono, tuttavia, che il sito archeologico potrebbe essere collegato all’altro grande edificio teatrale di età romana grazie a una serie di cunicoli e passaggi intricati e lunghissimi simili a labirinti. Gli anni trascorsi e le nuove tecnologie e conoscenze impiegate in ambito archeologico, comunque, non sono riusciti a risolvere un tale mistero, né a capire il perché si possano essere diffuse queste voci o tanto meno se esista qualche elemento di verità.
Sta di fatto, però, che la leggenda della scolaresca scomparsa all’anfiteatro romano è ormai parte dei miti e delle credenze catanesi, e c’è persino chi sostiene che, nelle notti più oscure, si possano ancora sentire le urla disperate dei bambini e delle maestre provenire dalle viscere di “Catania Vecchia”.
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