Dottorati di ricerca: diminuiscono i posti in Italia

Secondo un'indagine svolta dall'Associazione dottorandi e dottori di ricerca in Italia (ADI), sono in drastico calo i dottorati di ricerca, conseguenza dei tagli all'istruzione.

Dopo aver superato gli esami, discusso la tesi e infine aver raggiunto l’agognata laurea, ogni anno migliaia di studenti decidono di incrementare le loro conoscenze, iscrivendosi al più alto livello di formazione universitaria: il dottorato di ricerca. Eppure arrivano dati allarmanti.

Secondo un’indagine svolta dall’Associazione dottorandi e dottori di ricerca in Italia (ADI), nel 2017 i posti banditi sono diminuiti del 43,4%. In particolare, il Nord ne ha persi il 37%, il Centro il 41,2% ed il Mezzogiorno il 55,5%.

Le cause che derivano dalla drastica riduzione di posti disponibili sono da attribuire al taglio dei posti non finanziati (senza borsa di studio) che, secondo i dati del Ministero della Pubblica Istruzione (MIUR) elaborati dall’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR), solo tra il 2012 e il 2014 sono diminuiti del 48% passando rispettivamente da 4.209 a 1.928. Tale dato sarebbe una conseguenza delle nuove linee guida del MIUR del 24 marzo 2014 in cui viene stabilito, come requisito di sostenibilità del corso di dottorato, che il 75% dei posti disponibili siano coperte da borse di studio.

A diminuire sono anche i corsi di dottorato con un calo del 41% tra il 2012 e il 2013, e di un ulteriore 2,4% nell’anno successivo. L’indagine svela inoltre che i dottorandi sono banditi da solo 10 atenei in tutta Italia, con una maggiore presenza al Nord che conta il 48,2% dei dottorati banditi contro il 22,2% del Mezzogiorno.

I dati emersi riflettono le conseguenze dei tagli che hanno colpito il settore accademico negli ultimi anni. L’ANVUR ha calcolato che rispetto al 2009 i finanziamenti al Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) hanno registrato un calo di circa 1 miliardo di euro (-12%), di cui 180 milioni per il sostegno agli studenti.

Inoltre emerge anche che per quanto riguarda la spesa pubblica per l’istruzione universitaria, l’Italia si posiziona tra gli ultimi posti in classifica, spendendo circa il 30% in meno rispetto alla media dei 35 paesi OCSE.

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