Raffigurata sullo stemma della Regione, sul suo letto di colori (il rosso e il giallo), la Trinacria è conosciuta in tutto il mondo come il simbolo per eccellenza della Sicilia. Curiosa e stravagante, questa effigie è, tuttavia, avvolta dal mistero e il suo legame con la terra siciliana affonda le radici nella mitologia più che nella storia. Sono ben due, in effetti, le leggende che riguardano la Trinacria e la investono di significati misteriosi e di fantasia.
Com’è ben risaputo, lo stemma della Sicilia è un’immagine composita, ricca di diversi elementi che si fondono l’uno con l’altro per creare una simbologia univoca. Al centro dell’immagine spicca immediatamente la testa di Medusa, da cui si dipartono dei lunghi capelli fatti di serpenti intrecciati a spighe di grano. Dal centro verso l’esterno, poi, tre gambe si piegano al livello delle ginocchia, restando sempre ben collegate alla testa della Medusa.
Medusa: la terribile Gorgone
Ed è proprio questo elemento, il capo di Medusa per l’appunto, che collega la Trinacria a questa celebre e conosciutissima figura mitologica. Medusa è, infatti, uno dei personaggi più famosi della mitologia greca, da cui viene tratteggiata come un essere terrificante e implacabile. Figlia di Forco, divinità del mare, e Ceto, mostro marino dalla storia tormentata, Medusa è una delle tre Gorgoni, la sorella non immortale di Steno ed Euriale. Le Gorgoni erano da tutti temutissime per le loro terribili capacità. Esse erano in grado, infatti, di tramutare in pietra qualsiasi uomo avesse l’ardire o la sfortuna di guardarle negli occhi.
Abitanti delle Esperidi, avevano zanne da cinghiale, mani di bronzo e serpenti al posto dei capelli. Non soltanto il loro sguardo era letale, bensì anche il loro sangue possedeva delle doti magiche strabilianti. Se esso sgorgava dalla vena sinistra, aveva la capacità di uccidere chiunque in un momento, mentre il sangue della vena destra poteva riportare in vita i morti. Inviata in Etiopia da Poseidone, per devastare quel Paese governato dal re Cefeo, Medusa fu alla fine uccisa da Perseo.
La Sicilia e i tre promontori
Alla simbologia della Medusa si mescolano, nel tempo, anche rimandi più vicini alla Sicilia, come le spighe di grano tra i capelli della Gorgone. Le spighe sono un chiaro riferimento all’abbondanza e alla fertilità di questa terra, considerata dagli antichi Romani come il granaio dell’Impero. Le tre gambe rappresentano, invece, i tre promontori più estremi dell’Isola: Capo Lillibeo, vicino a Marsala, Capo Passero, a sud oltre Siracusa, e Capo Peloro a Messina.
Proprio per questa ragione, probabilmente, il termine Trinacria deriverebbe dalla parola greca composta “Trikeles”, vale a dire “i tre promontori”. Persino nell’Odissea la Sicilia farebbe la sua comparsa con le parole di Omero che le darebbe l’appellativo di “Trinax”, letteralmente “terra dalle tre punte”.
Trinacria e la danza delle ninfe
Una seconda e antica leggenda, ancora, ricondurrebbe la nascita della Sicilia alla danza di tre ninfe. Il mito narra che queste tre splendide creature erano solite danzare su e giù per il mondo, prendendo da ogni luogo che attraversavano terra, sassi e frutti maturi. Un giorno, tuttavia, si ritrovarono in una zona in cui il cielo era particolarmente azzurro e limpido. Qui la danza si fece più armoniosa e allegra, finché le tre ninfe cominciarono a gettare in mare tutto ciò che avevano raccolto per il mondo.
In quel momento il mare gorgogliò e dalle onde cominciò a emergere una terra luminosa e fertile, ricca e profumata. Inoltre, nei punti in cui le ninfe avevano dato vita a quella danza e gettato i loro doni, sorsero tre monti e la terra unita da questi ebbe, e ha tuttora, la forma di un triangolo. Ancora una volta, pertanto, la Trinacria sarebbe riconducibile ai tre promontori siculi, legati al vocabolo latino “triqueta” (“i tre vertici”).
Trinacria: non solo in Sicilia
La Trinacria sarebbe, dunque, un simbolo strettamente legato alla Sicilia. E, nonostante ciò, forse non tutti sanno che esso è riconducibile più anticamente al Peloponneso, dove le gambe piegate erano incise sugli scudi dei guerrieri in segno di forza. Un’altra curiosità riguarda, infine, l’isola di Man, situata nel Mar d’Irlanda, luogo in cui nel 1072 i Normanni “esportarono” la simbologia della Trinacria, presente anche negli stemmi delle dinastie degli Stuart d’Albany in Inghilterra, dei Rabensteiner di Francia, degli Schanke di Danimarca, dei Drocomir di Polonia e, per finire, nello stemma di Gioacchino Murat, re delle Due Sicilie all’inizio del 1800.