Mentre sul web riecheggia ancora il feroce botta e risposta tra l'account Inps per la famiglia e i richiedenti del reddito di cittadinanza, un'altra conversazione va aperta: chi ne usufruirà ne ha davvero diritto?
Nelle scorse settimane abbiamo tutti riso e scherzato sui post apparsi nella pagina di Inps per la famiglia, seguendo con molta attenzione il botta e risposta tra il solitario social media manager e le decine di utenti incuriositi dai metodi e i tempi di erogazione dei fondi destinati al reddito di cittadinanza.
Abbiamo riso e ricondiviso decine di screenshot, ancora una volta guardando il dito che punta la luna, senza soffermarci per un attimo a riflettere sulla gravità della situazione.
Ad aver attirato maggiormente l’attenzione del pubblico probabilmente è stata la domanda dell’utente che chiedeva, sempre sulla pagina dell’Inps, se il figlio avesse diritto a usufruire della misura (Rdc) pur “lavorando in nero”. La stessa domanda, nel giro di poche ore, è stata ripresa più volte da altri utenti, rendendo se possibile l’intera situazione ancor più paradossale.
Non è necessario andare a cercare tra i post citati nelle ultime settimane. Le pagine dedicate all’offerta/ricerca di lavoro sono piene di esempi di quella che è diventata ormai la norma nel panorama lavorativo nazionale. Un esempio di ciò che può essere trovato in rete è questo annuncio, apparso appena pochi giorni fa in un gruppo di Facebook dedicato agli annunci lavorativi:
In uno stato come l’Italia, che in un rapporto Istat del 2016 registrava oltre 3,7 milioni di lavoratori irregolari, la paura di un incremento del fenomeno non può essere considerata infondata. Nell’ottica del reddito di cittadinanza, si legge in un report di Cgia Mestre che “se da questo numero [3,7 milioni di lavoratori irregolari] rimuoviamo i dipendenti e i pensionati che non hanno i requisiti per accedere a questa misura – pari, in linea di massima, a 1,3 milioni di unità – coloro che pur svolgendo un’attività irregolare potrebbero, in linea teorica, percepire questa misura sarebbero 2 milioni; vale a dire la metà dei potenziali aventi diritto (poco più di 4 milioni)”.
C’è un altro aspetto della faccenda che dovrebbe essere tenuto in conto, ossia le maxi sanzioni. Già negli scorsi mesi si è parlato dell’aumento del 20% delle sanzioni applicabili a chi assume lavoratori in nero beneficiari del reddito di cittadinanza, e non solo; la stretta è avvenuta anche per l’impiego in nero di lavoratori stranieri e minori. E i problemi arrivano anche per il beneficiario che lavora in nero, che si vedrà revocare il sostegno con l’accusa di truffa al pari di chi ha avuto una condanna in via definitiva per delitti contro l’ordine pubblico, sequestro di persona, associazione di tipo mafioso, strage, e via dicendo. Gli stessi reati per i quali si prevede la decadenza da indennità di disoccupazione, assegno sociale, pensione sociale e pensione per gli invalidi civili.
Tornando alla questione reddito di cittadinanza, il rischio evidenziato da Cgia Mestre di consegnare metà della spesa (pari a circa 3 dei 6 miliardi di euro previsti dal governo) nelle mani di irregolari e non aventi diritto, è un problema che preoccupa tanto gli enti nazionali quanto quelli europei. Per esempio, nell’Employement Outlook, rapporto annuale dell’Ocse, si evidenziano alcuni problemi che non vanno assolutamente sottovalutati: i 780€ offerti dalla misura sono una quantità di denaro di gran lunga superiore alla media dei redditi percepiti soprattutto al Sud. Perché, dunque, rinunciare alla garanzia rappresentata dal reddito in favore di un lavoro che comporterebbe maggiori costi in termini di trasporto e di cura dei bambini?
L’Italia dovrà creare nuovi provvedimenti a sostegno dell’occupazione, puntando sul potenziamento dei centri per l’impiego e la nuova figura dei navigator introdotta per accompagnare i richiedenti della misura nel percorso di ricerca del lavoro per non incorrere in un circolo vizioso che costa alle casse dello stato miliardi anno dopo anno.
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