Secondo i pronostici degli istituti di ricerca tra cinque anni la popolazione studentesca italiana subirà un calo di circa 50mila unità. In questo clima diminuiscono anche le opportunità per gli aspiranti docenti.
I corridoi delle scuole siciliane saranno un po’ meno popolati a partire dal prossimo anno scolastico, quando, si prevede, gli studenti subiranno un calo drastico di circa 11.500 unità. Continua inesorabile, infatti, la perdita d’iscritti nelle scuole isolane, che si piazzano tra quelle che fanno registrare un abbassamento maggiore degli alunni nel Paese. Soltanto la Campania sarà ancora più sfavorita in termini di numeri, sebbene persino le regioni del Nord comincino a risentire del calo della popolazione studentesca.
Complice l’eccezionale crollo demografico che negli ultimi anni ha coinvolto il Bel Paese, il Sud appare nettamente più sofferente, con capofila proprio la Sicilia. La crisi economica, la mancanza di prospettive, nonché le promesse di una vita più confortevole altrove, hanno spinto migliaia di giovani, coppie e meno giovani a lasciare l’Isola nella speranza di prospettive migliori al nord Italia o all’estero.
In Sicilia, quindi, si fanno sempre meno figli con una conseguente popolazione studentesca in continua decrescita. Come detto, infatti, per l’anno scolastico 2019/2020 si pronosticano circa dodici mila studenti in meno, ma, se si guarda in prospettiva, non si tratta neanche del dato statistico peggiore. Se si accettano per buoni i dati forniti dall’Istituto di statistica italiano, considerando che si tratta comunque di previsioni, tra cinque anni i bambini e ragazzi in età scolare caleranno ancora di circa 50mila unità, e di 90mila tra dieci anni.
Oltre alla già banale verità secondo cui senza giovani menti non si possa costruire un solido futuro, considerato che non sarà possibile rimpiazzare la classe professionale nei prossimi anni, si profila un altro e più immediato problema. I docenti siciliani o aspiranti tali che speravano in un’immissione di ruolo dovranno decidere se cambiare professione o scegliere di esercitarla altrove. Con il calo delle iscrizioni verranno formate in futuro sempre meno classi, riducendo la necessità di nuove assunzioni di docenti.
Se si pensa, infine, che il turnover è sempre più ritardato dall’elevata età pensionabile, si avrà presto un corpo docente “anziano”, stanco dopo decenni di lavoro tra i banchi e, forse, non troppo capace di capire ed educare alunni proiettati già verso un futuro differente. Un trend che se non sarà invertito nel più breve tempo possibile non farà altro che indebolire il Paese, rendendolo vecchio e incapace di competere con il resto del mondo.
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