Un'eccellenza siciliana tra le chef migliori d'Italia: la giovane Martina Caruso si è aggiudicata l'ambizioso riconoscimento.
Si è svolta ieri a Milano una serata interamente dedicata alle donne che ha visto l’assegnazione del premio Michelin Chef Donna 2019 a Martina Caruso. La premiata chef siciliana di 29 anni guida la cucina del ristorante “Signum” a Salina ed è stata la più giovane a ricevere quattro anni fa la prima stella Michelin.
Il premio Michelin Chef Donna è stato voluto da Veuve Cliqot tramite l’Atelier del Grandes Dames e onora lo spirito anticonformista della fondatrice Barbe-Nicole Ponsardin, che rimasta vedova a 27 anni, prese le redini dell’azienda e la portò al successo internazionale. Lo scopo dell’iniziativa è sostenere e celebrare i talenti femminili dell’alta ristorazione. Ne fanno parte ben 16 chef accomunate da talento e passione.
“Nel mondo – ha sottolineato Marco Do, capo comunicazione di Michelin Italia – 169 ristoranti stellati sono guidati da donne, di questi 41 sono in Italia che è il primo paese al mondo per ristoranti a guida femminile“. La chef siciliana si occupa della cucina del ristorante di famiglia e gestisce una brigata di dieci persone.
“A 14 anni – racconta la neo titolare del Premio Donna Chef 2019 – ho capito che la cucina sarebbe stata la mia professione. Sono stata molto determinata, papà mi sconsigliava. Le esperienze fuori, al fianco di professionisti affermati, aiutano, ma poi bisogna tornare nella propria terra, resistere e andare avanti. Dai capperi alla Malvasia la mia cucina è molto legata a Salina, che è un’isola nell’isola. Io in Sicilia mi sento già sulla terraferma.“
Martina Caruso è determinata nel voler rappresentare la sua isola raggiante e la femminilità in cucina, intesa come nuovo tipo di leadership e approccio a questo mestiere, più complesso per le donne che per gli uomini.
“Però le cose stanno cambiando: nella mia brigata l’estate scorsa le ragazze erano sei su dieci. Due anni fa non era così. Credo che oggi sempre più giovani donne siano determinate a fare questo lavoro ma certo non è semplice: io sono cresciuta in un ristorante di famiglia, ho sempre avuto un aiuto. Mi rendo conto che chi non ha questa fortuna deve mettersi in gioco ancora di più. Ma l’importante è che si parli delle donne chef, che si raccontino storie come la mia e quella delle altre colleghe dell’Atelier per dimostrare che è possibile arrivare in alto”.
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