Stranieri incantati dalla nostra lingua: “Studiamo italiano per trovare lavoro”

Situata di fronte ad Ancona, sulla sponda croata dell’Adriatico, Zara ha una storia legata a doppio filo a quella dell’Italia. Tre studentesse provenienti dal dipartimento di Italianistica dell'ateneo, in prossimità di svolgere il loro Erasmus in Italia o avendolo già svolto, hanno raccontato il loro rapporto con la lingua italiana a LiveUnict.

Govorite li vi talijanskij? Sì! Quando un italiano si trova all’estero e incontra qualcuno che sa parlare la sua lingua, non può fare a meno di chiedersi per quale misteriosa ragione quella persona abbia intrapreso la decisione di impararla.

Vilipesa e bistrattata dai nostri connazionali per prima, con un numero di parlanti esiguo, complessa anche per le lingue più vicine alla nostra, la lingua italiana esercita, nonostante tutto, un certo fascino su chi vi si accosta. Infatti, come emerge dai dati degli Stati Generali organizzati dalla Farnesina e dalle dichiarazioni del Ministero, l’italiano è la quarta lingua più studiata al mondo, per un totale di 2.145.093 studenti suddivisi in 115 Paesi. La nostra lingua viene promossa attraverso un variegato panorama, composto da associazioni, scuole pubbliche, private e Università, capace di registrare, rispetto all’anno precedente, un incremento di studenti pari al 3,85%. Tuttavia, i dati non racconterebbero granché senza le storie dei singoli studenti che vi si trovano ogni giorno a contatto.

Con un totale di 52.870 studenti, la Croazia è il decimo Paese al mondo per numero di apprendenti della lingua italiana. Abbiamo parlato del rapporto con la nostra lingua e delle motivazioni legate al suo studio con tre studentesse iscritte all’Università di Zara, nella Dalmazia settentrionale, dove, all’interno del Dipartimento di Italianistica, sono iscritti circa 400 studenti, suddivisi all’interno di sei corsi di laurea tra triennali e magistrali.

“La mia storia con l’italiano, a prima vista, sembra molto semplice – comincia Marijana, studentessa con un Erasmus e un tirocinio in Italia già alle spalle e in prossimità di concludere gli studi –.  Lo studio da bambina, dalla quarta elementare, quando l’ho scelto come materia facoltativa. Però, non mi sono innamorata immediatamente. Non avevo un ottimo professore, o almeno così pensavo. Adesso, vedo che grazie a quel professore sapevo leggere, scrivere, capire e pronunciare bene le parole in italiano quando ho cominciato a frequentare la scuola superiore. Come dicevo, l’italiano sembrava bello, melodico, ma nient’altro. L’inglese mi interessava di più. Questo è cambiato al liceo. Là, avevo una professoressa meravigliosa, grazie alla quale ho imparato benissimo la grammatica. Sono andata a diverse competizioni e con la professoressa avevo delle ore aggiuntive in cui leggevamo e traducevamo i romanzi italiani. Alla fine, tutto è stato chiaro: volevo studiare la lingua italiana”.

Parole che evidenziano come la passione per l’insegnamento da parte dei docenti sia fondamentale nel trasmettere l’amore per una lingua, senza tralasciare, tuttavia, gli altri fattori determinanti nello scegliere di studiarla. Su tutti, in questo caso, la cultura legata alla civiltà italiana e il futuro impiego della lingua in ambito lavorativo; conoscenza fondamentale, quest’ultima, in una città come Zara, meta turistica molto gettonata anche dagli italiani durante la bella stagione, durante la quale gli abitanti si moltiplicano.

“Penso che avrò la possibilità di lavorare nel turismo, forse in un’agenzia turistica o come guida – ipotizza, a conferma di quanto anticipato, Anamaria, studentessa originaria di Zara che ha scelto di completare gli studi nella sua città – ma nel frattempo cercherò negli anni l’occasione di diventare una professoressa”.

L’insegnamento e il turismo, dunque, sembrano essere le piste privilegiate e quelle che promettono più facilità d’impiego per chi studia la nostra lingua, ma c’è anche chi spera, come Marijana, di poter combinare gli studi storici alla conoscenza dell’italiano o di sfruttare la conoscenza linguistica per poter lavorare in una ditta privata a contatto con dei clienti italiani. Del resto, infatti, non è comune possedere un alto livello di padronanza linguistica in italiano quando la lingua madre proviene da un ramo così lontano da quello neolatino come quello slavo, e le difficoltà negli anni di studio non sono certo state di poco conto.

“La cosa più difficile – afferma Vedrana, originaria di Fiume, – era ed è la grammatica: i moltissimi verbi e le preposizioni, che non esistono nella lingua croata, ma anche svolgere il ruolo dell’insegnante nella pratica reale”.

“Da noi esistono i casi e la parola – precisa ancora Marijana –, quando viene sottomessa alla flessione nominale, viene trasformata completamente, cioè, viene aggiunta una desinenza diversa”.

Così vicini, così distanti, verrebbe da dire pensando alla totale scomparsa dei casi avvenuta in italiano nel passaggio dal latino al volgare, e alla conseguente sostituzione delle funzioni sintattiche da questi ultimi ricoperte con preposizioni e articoli. Eppure, come si diceva in apertura, Zara ha una storia legata a doppio filo con quella dell’Italia, dai tempi dei romani fino alla dittatura fascista, e la storia, si sa, lascia sempre delle impronte del suo passaggio.

“Il dialetto ciacavo che si parla in Dalmazia è pieno di parole italiane. I nostri nonni hanno parlato così e persino i nostri genitori che vengono dalle isole qua vicine. Per questo la lingua italiana non è strana per noi, ma piuttosto vicina, a differenza del nord della Croazia”, conferma Marijana, portando a esempio di quanto detto la somiglianza delle due grammatiche e in particolare dei tempi verbali, presenti, dal passato remoto al futuro anteriore, anche in croato. La vicinanza tra i dialetti e l’italiano, anche a causa della prossimità geografica oltre che di ovvi trascorsi storici, si riconosce tanto in Istria che a Fiume, ma il contatto e la vicinanza tra le due civiltà è presente, oltre che a livello linguistico, a livello culturale.

“La religiosità, l’affetto per il calcio, le canzoni romantiche, il cibo e l’architettura”, elenca Anamaria, sono altrettanti fattori di somiglianza, a cui si devono aggiungere, in conclusione, quelli individuati da Vedrana, che con una battuta che sa di amara verità, riconosce delle similitudini tra due popoli “che non sanno organizzarsi, sia da un punto di vista economico che politico”.

Domenico La Magna

Giornalista pubblicista, si è laureato in Filologia Moderna all'Università di Catania nel 2020 con una tesi su Calvino e l'editoria. Inizia a collaborare con LiveUnict da ottobre 2017. Appassionato di politica, segue con particolare attenzione i temi riguardanti l’Unione Europea e l’ambiente. Frequenta il Master di 2° Livello in Professione Editoria all'Università Cattolica di Milano.

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