Tappa a Catania per Cimini, uno dei cantautori più interessanti della scena indie-pop italiana contemporanea. Passione per la musica, simpatia genuina e testi che vanno dritti al punto sono gli ingredienti di un live che è rimasto nel cuore di molti.
Se dovessi scegliere tre parole per descrivere il live di Cimini, con un po’ di difficoltà nel limitare gli aggettivi, queste sarebbero sicuramente: onestà, candore, e festa. Un’atmosfera intima, pochi amici ma buoni, e tanta voglia di fare musica sono stati gli ingredienti segreti di sabato 24 novembre al Ma di Catania quando, contro ogni aspettativa, Federico Cimini è salito sul palco, band al seguito e cuore in mano, conquistando l’affetto di tutti.
In giro per il suo tour invernale, il “Tokyo Tour”, il cantautore calabrese di nascita ma bolognese d’adozione sembra essere riuscito, senza troppo rumore, a ritagliarsi un più che meritato spazio nel contesto musicale indipendente italiano. Arrivato al grande pubblico grazie al singolo La Legge di Murphy e l’etichetta Garrincha Dischi, il promettente Cimini, quest’anno, ha portato il suo album “Ancora Meglio” (2018) in giro per tutta Italia da marzo a settembre.
In barba alla stanchezza, il 9 novembre è ripartito da Foggia per presentare il suo nuovo singolo “Tokyo” e, passando per le principali città della Penisola, tornerà a casa a Bologna il prossimo 8 dicembre. Il cantautore, indie-pop ma con un animo profondamente rock come spesso ama sottolineare, anche stavolta, come nel caso del precedente tour, ha messo su un live che punta tutto sull’empatia. Obiettivo principale: entrare in contatto con la gente.
Ben lontano dai riflettori dei social, dall’infame circolo del like for like che, in questo particolare momento storico, non sembra risparmiare nemmeno i migliori, l’idea che Federico Cimini dà è quella di essere, al contrario, saldamente ancorato alla realtà. Un’idea che trasmette bene anche al pubblico che rispecchia in toto la sua attitudine: se è vero, infatti, che gli smartphone in alto sono comunque immancabili, sarebbe ingiusto omettere i sinceri momenti di contatto diretto tra il cantautore e pubblico.
Un contatto che, oltre alla simpatia genuina e alla sottile ironia dell’artista, arriva soprattutto tramite i suoi testi: semplici ma diretti. Grazie a brani come Fare tardi, Un’altra possibilità, Vivere non mi basta, A14, ma anche ad altri meno radiofonici come Sabato sera e Un’estate così la scrittura di Cimini riesce sempre a fare centro. Il merito è sicuramente quello di raccontare storie vere. Agli intellettualismi e ai sofismi, l’artista preferisce piuttosto un accurato racconto di sé: un racconto fatto di ansie, di amori, di speranze, di fortune e di sfortune, che ciononostante riesce a divenire universale, senza mai tralasciare una velata critica sociale.
L’influenza di artisti e band contemporanee — Lo Stato Sociale, Brunori, I Cani, Vasco Brondi su tutti — è sicuramente evidente, tuttavia Cimini riesce a mantenere un elemento di originalità e di autenticità che sul palco non tarda a risaltare. Un plus che permette al cantautore di fare quel salto di qualità e di uscire a testa alta dalla massa informe di un certo mercato musicale italiano. Una massa priva di genuinità a cui artisti come Cimini restituiscono motivo di resistere.
Ci vuole coraggio per salire su un palco con onestà. Ci vuole coraggio per salire su un palco, in un ambiente ormai saturo come quello dell’indie-pop italiano, con profonda dignità e rispetto per la musica. Quella di Cimini, al Ma di Catania, è stata una festa e una serata tra amici che si è conclusa con tutti sul palco. Finalmente, così come sempre dovrebbe essere, la musica è tornata a essere un modo come un altro per stare insieme, un magnifico espediente per conoscersi, riconoscersi e — per citare il cantautore — mescolarsi. Di questo regalo non possiamo che essere grati.
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