Vedere bene, rappresenta per tutti una prerogativa importante. Per uno studente, in particolare, costituisce uno strumento fondamentale: il sapere passa attraverso gli occhi. Dovendo trascorrere, infatti, ore e ore sui libri o dinnanzi allo schermo di un computer, la vista di chi studia è continuamente sollecitata. Questo potrebbe far sorgere una domanda: gli studenti hanno un maggiore rischio di andare incontro a difetti della vista? “Nell’età adulta il fatto di applicarsi al computer o sui libri per motivi di lavoro o di studio non costituisce un fattore di rischio” , ci spiega il prof. Maurizio Giacinto Uva, professore associato in Oftalmologia e responsabile del Centro Glaucoma della Clinica Oculistica dell’Università di Catania.
“Dal punto di vista epidemiologico – afferma il professore – è stato visto che nei bambini, a parità di fenotipo e di genotipo, chi passa più tempo chiuso in casa sui libri svilupperà una miopia con una prevalenza maggiore, rispetto al bambino che passa invece buona parte del pomeriggio all’aria aperta. Se parliamo invece di studenti universitari, non c’è assolutamente nessuna evidenza che il fatto di applicarsi al computer o il sui libri crei patologie”.
Se uno studente, però, ha già un vizio di rifrazione non corretto (un astigmatismo ad esempio), questo lo porterebbe a stancarsi molto di più mentre studia, dunque, al contrario, a piangerne le conseguenze potrebbe essere il suo rendimento. Se un soggetto, invece, ha un’iposecrezione lacrimale (occhio secco), il fatto di stare davanti al computer peggiorerebbe la situazione: “Quando siamo attenti al terminale – spiega il docente – rallentiamo un po’ il ritmo di ammiccamento, quindi spalmiamo meno il film lacrimale, per cui viene fuori la sensazione di occhio stanco, ma per una causa che già esisteva: l’occhio secco da iposecrezione lacrimale viene quindi evidenziato, ma non viene creato dal fatto di applicarsi”.
Come si è visto, il maggior rischio di andare incontro a difetti della vista risiede più che altro nell’età infantile. Nelle età successive, dunque, chi ha manifestato vizi di rifrazione, potrebbe portare con sé la necessità di indossare gli occhiali per vedere bene. Spesso, tuttavia, questi sono mal tollerati, per motivi pratici, estetici o per altri motivi, cosa che spinge verso l’uso delle lenti a contatto. Ma il loro utilizzo può essere in qualche modo dannoso? “Dipende dall’intelligenza di chi le usa – dichiara il professore -. Sono soprattutto le ragazze a combinare pasticci, ma non è una questione di genere, secondo me è una cosa psicologica. Succede, casualmente soprattutto nella stagione estiva, con bagni a mare docce o piscina, che ogni anno ricoveriamo una o due ragazze, con ulcere da lenti a contatto che si sono complicate. I danni per l’occhio sono gravi: un’ulcera da lenti a contatto può complicarsi con raccolte di pus dentro l’occhio, cosa che può far rischiare la vista al cento per cento. Quindi diventa una patologia e siamo costretti a procedere con il ricovero”.
Per evitare di andare incontro a queste situazioni, gli specialisti consigliano perciò l’utilizzo di lenti a contatto giornaliere, in modo tale da non dover provvedere alla gestione delle lenti con i vari liquidi: l’utilizzo ripetuto dello stesso liquido, la mancata disinfezione del porta lenti e in primis delle lenti, rende il loro utilizzo certamente rischioso per la salute dell’occhio. Il prof. Uva ci racconta un aneddoto: “Ci sono episodi veramente assurdi, di gente alla quale cade la lente e la disinfetta con la saliva. Ne abbiamo sentite di tutti i colori e chiaramente l’imprudenza diventa un fattore di rischio. Ci sono, però, milioni di persone che portano le lenti a contatto per tutta la vita senza avere nessun problema”.
Eppure, oggi è possibile liberarsi definitivamente anche delle cosiddette “lentine”. La soluzione è la chirurgia refrattiva che con un intervento basato sull’utilizzo del laser, permette di correggere i vizi di rifrazione. “Se c’è rispetto delle indicazioni e delle controindicazioni è un trattamento sicuro. Ha assolutamente senso fare l’intervento, soprattutto quando, al di là dei motivi estetici, ci sono motivi lavorativi o concorsi – spiega il professore – Le controindicazioni sono legate sia alla familiarità con malattie come il glaucoma, sia alla tipologia di occhio: se c’è ad esempio una cornea sottile, si ha una tendenza tremenda a fare cheloidi”. Dal momento che, ad esempio, per correggere una miopia, bisogna assottigliare e appiattire la cornea, se la cornea è già stata assottigliata per altri motivi, è assolutamente inaffidabile e questo costituisce un rischio enorme. “Quindi uno specialista che affronta un paziente che richiede la chirurgia refrattiva, – continua il chirurgo –dovrebbe assolutamente investigare sui rischi. Bisogna saper dire di no, quando c’è una controindicazione”.
Per quanto riguarda lo screening, il professore ci spiega che in ambito oculistico non è sempre possibile: “Ci sono delle campagne di screening che portano a casa utili risultati: per esempio in età scolastica gli screening per i vizi di rifrazione sono importantissimi. Per alcune patologie lo screening diventa articolato e complesso, in alcuni casi addirittura impossibile da fare: per il glaucoma, ad esempio, c’è una diagnosi abbastanza delicata e il rischio è quello di fare più falsi positivi e falsi negativi che malati reali”.
Abbiamo chiesto al prof. Uva anche alcuni consigli per avere cura della propria vista. Ha spiegato: “Il consiglio è essere svegli. Come minimo ogni tanto fare un’auto-esame della vista, anche guardando il televideo: coprire prima un occhio e poi l’altro per vedere se ci sono problemi”. Altro consiglio è quello di sottoporsi periodicamente ad una visita oculistica: “Se non si hanno problemi o familiarità e soprattutto se non si ha nessun tipo di fastidio, è consigliabile richiederla ogni anno e mezzo/due anni. Ci sono patologie che all’inizio sono asintomatiche ma se non si fanno passare tantissimi anni tra una visita e l’altra, di solito si riescono a scoprire prima che si producano danni irreversibili. Non farsi vedere per dieci anni non va bene. Chi si trascura completamente corre dei rischi”.