È una situazione ormai tristemente nota: in qualunque spiaggia si vada, spesso, troppo spesso, si incontra per la propria strada più di un rifiuto. Per quanto numerosissimi volontari ed organizzazioni facciano in modo di mantenere il decoro che le spiagge meritano, le tristi abitudini dei bagnanti rimangono, e ora più che mai, anche le spiagge più belle dell’isola ne risentono sempre di più.
Piatti, buste e bottiglie di plastica, vetro, mozziconi di sigaretta, metallo, persino i contenitori dei medicinali, fino ad arrivare ai wc di casa propria: sulle spiagge si può trovare proprio di tutto, col risultato di un panorama sconfortante, deprimente, che fa male alla vista di coloro che amano il mare e la stagione estiva.
I dati ricavati dall’indagine di Legambiente, infatti, sono sempre più drammatici: prendiamo ad esempio alcune delle spiagge siciliane più note, come Punta delle Formiche (SR), dove, nella moltitudine di rifiuti trovati, l’88% è composto da plastica. Seguono grandi nomi come Maganuco (RG) e S. Marco a Calatabiano (ME), in cui vi si trova il 70% di plastica sul totale dei rifiuti raccolti. Dall’altra parte della regione, invece, la spiaggia maggiormente colpita secondo le indagini è quella di Romagnolo (PA), col 60% di rifiuti in plastica.
Le cifre fanno rabbrividire se si pensa che la “vita” media dei rifiuti in percentuale sopracitati è lunga: la plastica è infatti uno dei materiali più lenti a biodegradarsi. Contando la totalità dei rifiuti, si arriva dunque ad una percentuale totale del 22% di rifiuti non decomponibili in tutta la Sicilia, un dato che pur sembrando minimo, non lo è affatto.
Cosa si può fare dunque, oltre che prendere coscienza delle condizioni sempre più disperate in cui versano le spiagge del Belpaese, e più in particolare, della regione? Le soluzioni sono molte, tra emendamenti (dal 2019 i cotton fioc saranno totalmente biodegradabili) e divieti espressi e mirati (a Lampedusa è stata vietata, ieri, la vendita delle stoviglie monouso). Ma non sembra mai abbastanza nei confronti dei dati che, al posto di segnare miglioramenti, portano solo notizie peggiori.
Le campagne di sensibilizzazione non bastano, il volontariato non serve a nulla. I bagnanti restano ciechi, di fronte al bisogno a tutti i costi di migliorare la situazione disperata in cui versa l’ambiente. Basterebbe solamente, in realtà, un po’ di buonsenso, di amore per il posto di cui si sta fruendo. Ogni volta che si butta un rifiuto non biodegradabile, si danneggia irrimediabilmente una natura che sta ormai letteralmente scoppiando, ferita dai danni dell’uomo.
Emendamenti e divieti a parte, quanto ci vorrà ancora prima che l’uomo si sensibilizzi totalmente e ponga un freno a sé stesso, piuttosto che essere fermato da qualcun altro?