Opinione comune è pensare che l’acqua del rubinetto non sia sicura o provochi l’insorgenza di calcoli renali: sarà vero? LiveUnict ha chiesto alla professoressa Coniglio delucidazioni a riguardo.
In Italia è largamente diffuso il consumo di acqua in bottiglia: molto spesso, infatti, ci si trova di fronte ad una grande sfiducia verso il consumo di acqua proveniente da un comune rubinetto. Ma cosa c’è all’origine di questo timore? L’acqua del rubinetto potrebbe davvero, in qualche modo, nuocere alla salute? LiveUnict ha chiesto il parere di Maria Anna Coniglio, professore aggregato di Igiene e Medicina Preventiva, nonché Direttore del “Laboratorio Regionale di Riferimento per la sorveglianza ambientale, clinica e il controllo della legionellosi” nella Sicilia orientale. “La sfiducia riguardo al consumo di acqua di rubinetto a mio avviso, – ha dichiarato la prof.ssa Coniglio – nasce fondamentalmente da una leggenda metropolitana che, nel corso del tempo, si è radicata nei consumatori: l’acqua di rubinetto è responsabile di calcolosi renale. Sfatiamo questo mito: l’acqua di rubinetto non fa venire i calcoli ai reni”.
Seppure le cause della calcolosi renale non siano state ancora del tutto chiarite dalla scienza, piuttosto che al consumo di acqua del rubinetto, questa condizione patologica è da ricollegarsi ad altri fattori che, in presenza di predisposizione genetica, aumentano il rischio di incapparvi. Oltre alla familiarità, infatti, i maggiori fattori di rischio sono l’acidità delle urine e il flusso di urine limitato. Quest’ultima situazione, causata dallo scarso apporto idrico, facilità il ristagno e la precipitazione dei sali contenuti nelle urine stesse. In altre parole, non è bere acqua del rubinetto che provoca la formazione dei calcoli ma è bere poco. A questo si aggiunge che mentre il consumo di alcuni alimenti ricchi di calcio, in persone predisposte, può aumentare il rischio di formazione dei calcoli, al contrario, l’utilizzo di acque calciche (come l’acqua del rubinetto) non solo non danneggia la salute, ma è addirittura consigliato, specialmente in menopausa o in caso di intolleranza al lattosio.
“D’altro canto, – continua la prof.ssa Coniglio – le acque di rubinetto sono medio-minerali, hanno cioè un residuo fisso (che è la stima del contenuto in sali minerali) tra 500 e 1000 mg/L, che rappresenta l’apporto ideale di sali minerali, calcio incluso, per il corretto funzionamento dell’organismo umano. L’acqua di rubinetto è, pertanto, sicura. Essa non può nuocere alla salute umana anche perché il giudizio di potabilità o di idoneità al consumo è rilasciato dall’Azienda sanitaria territorialmente competente, dopo un’attenta analisi della conformità dei parametri indagati, rispetto a quanto previsto dalla normativa vigente, nonché a seguito di una valutazione complessiva dello stato di qualità dell’acqua”.
A questo punto, viene da chiedersi: che differenza c’è tra l’acqua in bottiglia e l’acqua del rubinetto? La differenza sta proprio nella composizione in sali minerali disciolti in un litro o, per meglio dire, nel residuo fisso. Mentre l’acqua del rubinetto ha un residuo fisso compreso tra 500 e 1000 mg/L (mediominerale), nell’acqua imbottigliata questo valore è compreso tra 50 e 500 mg/L, senza considerare quelle minimamente mineralizzate che hanno un residuo fisso addirittura inferiore a 50 mg/L o, al contrario, quelle fortemente mineralizzate che ce l’hanno al di sopra di 1000 mg/L. Astenersi, pertanto, dal consumo di acqua del rubinetto semplicemente per il timore dell’eccessivo contenuto di calcare, non è supportato da alcuna prova scientifica. Come afferma, infatti, la prof.ssa Coniglio: “La presenza di calcio nell’acqua è dannosa per le tubazioni non già per i reni”.
La sicurezza dell’acqua è garantita dalle legge, ai sensi del Decreto Legislativo 31/2001, recentemente aggiornato con il Decreto Ministeriale 14 giugno 2017.“Le acque destinate al consumo umano – spiega la professoressa – non devono contenere microrganismi e parassiti, né altre sostanze, in quantità o concentrazioni tali da comportare pericolo per la salute umana”. Le disposizioni di legge, infatti, stabiliscono dei ben precisi parametri microbiologici e chimici da dover rispettare. I primi indicano la presenza di contaminazione fecale (es. Enterococchi, E. Coli), circostanza che può verificarsi, ad esempio, in caso di cattiva distribuzione delle acque. I secondi parametri, invece, sono relativi alla presenza di elementi pericolosi per la salute umana (es. cadmio, benzene): può essere questa la situazione dell’inquinamento chimico dovuto agli scarichi industriali. Rispettando, pertanto, questi parametri stabiliti dalla legge, nel bere l’acqua del rubinetto non si corre nessun rischio.
In commercio esistono, inoltre, diversi tipi di acqua che possono essere prescritte in base a particolari esigenze: esiste, ad esempio, l’acqua magnesiaca, consigliata a chi soffre di stitichezza per il suo potere lassativo, oppure l’acqua ferruginosa indicata in chi soffre di anemie per carenza di ferro o in chi segue una dieta vegana o vegetariana. Negli sportivi, per prevenire i crampi è consigliato, invece, l’utilizzo di acqua clorurata. “Può andar bene anche l’acqua sodica, – aggiunge la professoressa, riferendosi ancora agli sportivi – che ha un tenore di sodio superiore a 200 mg/L. Resta comunque il fatto che, a prescindere dal tipo di attività, gli sportivi devono bere tanto, soprattutto nei mesi estivi, per contrastare gli effetti della disidratazione conseguente alla sudorazione profusa”.
In conclusione, la professoressa Coniglio rispolvera quella che è una regola aurea della salute: “Tutti, studenti e non, dovremmo bere non meno di 2 L di acqua al giorno per idratare correttamente l’organismo e prevenire la formazione di calcoli ai reni. Io consiglio sempre di bere acqua di rubinetto che, come già detto, contiene la giusta proporzione di sali minerali per il corretto funzionamento delle cellule”.
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