I dati parlano chiaro: secondo uno studio della Fondazione Agnelli intitolato «Scuola, orizzonte 2028: evoluzione della popolazione scolastica in Italia e implicazioni per le politiche», nel 2028 la popolazione in età scolare passerà da 9 milioni a 8 milioni, mentre 55 mila docenti saranno “in più”. Praticamente, scomparirà una classe su 10, e un professore su 13 non servirà più.
Ma quali sono le cause di questi cambiamenti? Bisogna rapportare questi dati alla situazione demografica italiana. Il nostro paese è infatti afflitto da un bassissimo tasso di natalità, relativo non solo alle famiglie italiane ma, di recente, anche alle famiglie degli immigrati stabilitesi in Italia. Inoltre bisogna anche tener conto del fatto che il tasso di migrazione si è abbassato negli ultimi anni. Quindi, se nascono meno bambini, le classi saranno di conseguenza più vuote.
Precisamente, è stato calcolato che le scuole elementari del Nord perderanno circa il 16 per cento di bambini, quelle del Centro il 14 per cento, mentre al Sud il 19 per cento. Anche le scuole medie perderanno un gran numero di allievi, in particolare quelle del Mezzogiorno. Le scuole superiori del Nord, almeno per ora, faranno registrare risultati positivi, ma i dati riguardanti il Sud segnano -13 per cento di studenti.
Nonostante la perdita di un gran numero di cattedre e la conseguente minore capacità di rinnovamento del corpo docenti, quello che emerge da questi dati, secondo la Fondazione Agnelli, non è completamente negativo. Anzi, si potrebbe sfruttare tutto ciò in modo vantaggioso. Innanzitutto, gli insegnanti “di troppo” potrebbero essere impiegati nelle ore pomeridiane, anche per quanto concerne le scuole non primarie. Oppure, si potrebbe aumentare il numero di prof in classe, o ancora diminuire il numero di alunni per classe, in modo da lavorare meglio e con più serenità.