Un successo formidabile per Daniel Pennac, ospite lunedì 5 marzo presso l’auditorium “Giancarlo De Carlo” del Monastero dei Benedettini. Lo scrittore della saga di Malaussène e di “Come un romanzo” ha incontrato gli studenti del dipartimento di Scienze umanistiche e dei licei linguistici della città per parlare del suo ultimo esperimento letterario, la graphic novel “Un amour exemplaire”, il cui spettacolo teatrale è andato in scena ieri al Teatro Bellini.
Inserito nell’ambito del ciclo di incontri con artisti degli spettacoli della rassegna Altrescene del Centro Culture Contemporanee ZO e in collaborazione con il corso di Discipline dello Spettacolo del Disum, quella di lunedì non è stata una semplice presentazione o un incontro formale, ma una conversazione a tutto tondo con gli studenti che, tra una curiosità e l’altra, hanno avuto l’occasione di conoscere meglio uno degli scrittori più interessanti del panorama letterario contemporaneo.
Sbarcato in città per presentare l’adattamento teatrale di “Un amour exemplaire”, lo scrittore si presenta con la sua fedelissima banda al seguito con la quale dimostra subito di avere un’affinità unica: la disegnatrice Florence Cestac, la regista Clara Bauer, e i due attori Massimiliano Barbini e Ludovica Tinghi Luci. Quest’ultima, tra l’altro, sarà anche simpaticissima interprete durante l’incontro: l’autore, infatti, scherzando ammetterà di non saper parlare italiano nonostante frequenti il nostro Paese da più di trent’anni.
A moderare l’incontro è Laura Rondinella di Radio Zammù che, per rompere il ghiaccio, chiede agli ospiti qualche curiosità sullo spettacolo. Cosa aspettarsi da un romanzo e un fumetto insieme sulle tavole di un palcoscenico? Le risposte di Pennac non sono mai scontate o banali, e così risponde che non bisogna aspettarsi assolutamente niente: il teatro è una sorpresa e l’unica cosa da fare è lasciarsi coinvolgere dalle emozioni.
Per spiegare il suo approccio all’immagine, teatrale o cinematografica, e il suo rapporto con la disegnatrice – definita “mon cinéma personnel” – lo scrittore fa poi riferimento a Fellini: un vero e proprio genio che disegnava i propri sogni e, solo dopo, li trasformava in film. Un’occasione per parlare del suo grande amore per il cinema italiano e del suo rapporto con l’atto creativo, un eterno sogno a occhi aperti.
Perché sì, che si tratti di cinema, disegno, teatro o letteratura, il momento creativo è un vero e proprio viaggio, un viaggio che passa attraverso una serie di sensazioni tangibili e intangibili senza, però, mai perdere il contatto con la realtà. In riferimento alla scrittura e alla letteratura, rispondendo alla domanda di una studentessa, lo scrittore dice: “Le mie opere sono piene di riferimenti letterari, di evocazioni, ma non sono voluti. La letteratura è un paesaggio mentale: quando l’arte entra a far parte di noi, lei non lo sa. Noi però non lo dimenticheremo mai.”
Al di là dell’aspetto più propriamente letterario, l’incontro però ha toccato moltissimi temi: dai più scientifici, grazie alle brillanti domande delle studentesse del Dipartimento su letteratura e traduzione, alla politica e all’insegnamento. Esilarante, in particolare, l’analisi politica dello scrittore sulle elezioni italiane del quattro marzo: “Agli occhi di un francese, si tratta di un evento straordinario che non ha nulla a che vedere con la politica”. Immancabile un riferimento a Berlusconi, il quale viene paragonato alla regina Vittoria che regnò per sessant’anni.“Quest’uomo è eterno” – dirà – “Mi toccherà sopportarlo fino alla fine dei miei giorni. Povero me, morirò prima di lui”.
Profondamente illuminante sarà anche la riflessione sull’insegnamento con cui lo scrittore ha avuto sempre un rapporto contrastante e mai convenzionale. In Italia come in Francia, il mestiere dell’insegnante è sempre più difficile, a livello pratico ma anche concettuale: a detta dello scrittore, infatti, oggi più che in passato, il rapporto insegnante-adolescenti è pieno di insidie. “Colpa della società dei consumi che ci ha abituati ad avere tutto”, sostiene il romanziere. “I giovani, però, non capiscono che hanno ancora bisogno degli adulti. Essi possiedono una maturità intellettuale e culturale che bisogna necessariamente preservare”.
“Che consigli darebbe contro il blocco dello scrittore?”, chiede infine una giovane liceale e aspirante scrittrice. Il romanziere sorride e dice di non avere una risposta: l’unico consiglio che dà è quello di osare, di non considerare l’atto scrittorio come qualcosa di eccezionale, avulso dalla realtà. I blocchi fanno parte della natura umana, nella scrittura come nella vita, dice Pennac. Ma soprattutto non bisogna farsi intimorire dalle grandi penne del passato: “Voi siete vivi e loro sono morti. Quindi tocca a voi lasciare un segno del vostro passaggio sulla terra”.
Uomo di lettere, dunque, grande intellettuale e un docente come pochi. Daniel Pennac – al di là del suo successo come scrittore – è tutto questo insieme e, nel corso dell’incontro, fa prova di possedere un’intelligenza, una sensibilità e un senso dell’umorismo estremamente rari oggi. Con un modo di comunicare particolarissimo – che si serve del sapere, della sfumatura di ogni parola e talvolta anche della gestualità – lo scrittore di Malaussène, in sole due ore, è riuscito a entrare nel cuore di ognuno dei presenti. Perché forse l’arte è questo: è un modo d’essere, e lontano dall’essere un orpello superficiale, un aspetto imprescindibile della vita di tutti i giorni.