“Per non dimenticare”: frase standard pronunciata dai più almeno una volta l’anno. Si insiste su questo, la si ripete ai più giovani per fare in modo che anche loro, a loro volta, la ripetano ad altri. Questa frase però con il tempo perde sempre più di significato e corre il rischio di trasformarsi in un ritornello recitato quasi automaticamente, un battersi il petto meccanico senza valore.
Perchè ricordare? Perchè non dimenticare?
Il 27 gennaio è dedicato alle vittime delle atrocità compiute nei campi di sterminio durante la seconda guerra mondiale, è dedicato alla memoria dei 15 milioni di padri, madri, figli o amici che hanno commesso l’imperdonabile errore di essere chi erano. La Shoah, il genocidio, è l’atto compiuto con l’intenzione di cancellare un intero gruppo di persone – che esso sia razziale, religioso, nazionale o quant’altro – per fare in modo che di questi non rimanga nemmeno il ricordo. Ricordare, dunque, innanzitutto chi ha dato la vita per nulla, chi si è trovato a dover implorare per ottenere un diritto inscindibile dal fatto stesso di essere uomo o donna, il diritto alla vita. Shoah, Foibe, stermini di massa: tutti in egual misura terribili e tutti in egual misura da ricordare. Ma dopo aver ricordato, cosa fare? La memoria è fondamentale, ci aiuta a fissare nella storia quello che è accaduto, e dovrebbe aiutare a non ripetere nuovamente quei passi pericolosi che potrebbero produrre nuovamente la scia di odio e violenza che fu l’Olocausto. Ma come rendere le nuove generazioni sensibili a fatti accaduti ormai troppi anni fa, a vicende vecchie da relegare ai libri di scuola e che non toccano il quotidiano?
Non basta più il buon minuto di silenzio nelle scuole nel momento in cui la violenza ingiustificata e l’intolleranza verso l’altro è ancora infiltrata nel DNA di tantissimi. Se oggi non dimentico ma non voglio un nero per le strade della mia città, se oggi non dimentico ma la mia ragazza deve capire chi comanda, domani avrò già dimenticato.
Ricordare e agire quindi, per comprendere che la memoria di un fatto tanto tragico può servire per arginare qualsiasi tipo di contrasto e intolleranza, dalla banalità di un insulto a molto altro. Il ricordo può rendere forti, può unire nel percorso di crescita e collaborazione che porta al concreto e oggi più che mai fondamentale vivere civile.