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Alternanza scuola-lavoro bluff: pacchetti a pagamento e studenti costretti a spalare letame

Sfruttamento, pacchetti a pagamento e mansioni inadeguate: ecco la piega che sta prendendo il tanto blasonato progetto introdotto con la Buona Scuola di Renzi

L’alternanza scuola lavoro, come si può leggere sul sito creato appositamente dal Miur, è nata per perseguire nobili scopi, come “arricchire la formazione”, “sviluppare la capacità di scelta”,  “offrire l’opportunità di crescita personale”; “promuovere il senso di responsabilità” e addirittura “Accrescere l’autostima”. Nel tempo, tuttavia, ha preso direzioni che si discostano totalmente dall’idea originale. Ci sono casi in cui l’alternanza assume l’aspetto di una bolgia infernale, nella quale gli studenti sono costretti a spalare letame o raccogliere mozziconi dalle spiagge. In altri casi, invece, quando si ha la possibilità di sganciare fior di quattrini, l’alternanza scuola lavoro si trasforma in un’aristocratica esperienza in lussuosi college.  

Basta digitare su Google “alternanza scuola lavoro a pagamento” per trovarsi di fronte ad una sfilza di pacchetti completi con tanto di brochure illustrativa e call center da chiamare per ulteriori informazioni. Con  pochi click è possibile acquistare da un minimo di 20 a un massimo di 54 ore, a prezzi che spesso superano i 500 euro. Si tratta, in particolare di aziende che propinano agli studenti corsi interattivi di robotica, informatica e molto altro. Talvolta, sono gli stessi presidi a fare accordi con le imprese, ad esempio quando si tratta di viaggi all’estero. Spendendo da 500 a 3000 euro, ci si ritrova catapultati in un ricco college londinese. 

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Al di là di queste parentesi confortevoli però molti studenti si trovano costretti a sopportare situazioni di sfruttamento, svolgendo anche mansioni che non rientrano tra le loro competenze. Pur di svolgere, in tre anni, le 400 ore nel caso degli studenti degli istituti tecnici e le 200 per quelli dei licei ci si può ritrovare vestiti da elfo per intrattenere i passeggeri di un treno. È questo ciò che è capitato a Pisa agli studenti di un liceo classico, ai quali è stato richiesto di usare le proprie doti letterarie per scrivere lettere a Babbo Natale. Nella provincia di Agrigento, a Ravanusa, invece, un ragazzo di 16 anni, studente di un liceo scientifico della zona, ha speso le sue ore di alternanza raccogliendo bottiglie e mozziconi di sigarette su una spiaggia assolata. 

Desta particolare scalpore il caso di un Istituto alberghiero del Veneto che ha chiesto hai propri studenti di “Pulire a terra e spalare il letame” e il caso del Liceo Scientifico Newton di Roma che, dopo aver fatto una convenzione con un’azienda, ha costretto gli studenti a lavorare in un call center procacciare liberi professionisti per un nuovo portale web di proprietà al 49 per cento del loro insegnante. Per quest’ultimo è scattata subito una denuncia da parte degli studenti. 

Le critiche sono, davvero, asprissime e provengono, primariamente, dai ragazzi stessi. Secondo un sondaggio realizzato dalla Rete degli studenti Mesi, su 4000 studenti campione, il 46.70 per cento non ha avuto un percorso personalizzato mentre il 90.7 di chi frequenta un liceo la reputa un’esperienza poco formativa. Tenendo conto anche del fatto che per poterla realizzare i programmi scolastici vengono dimezzati, sembra proprio che l’alternanza non incoraggi poi così tanto la crescita. 

Simona Lorenzano

Cresciuta ad Agrigento, terra in cui ha respirato la grecità a pieni polmoni, consegue la maturità presso il Liceo Classico Empedocle. La passione per la salute e il benessere la spingono a laurearsi in Infermieristica a Catania. Scrive su Live UniCT sin dal primo anno di università e continua a coltivare il suo amore per la scrittura, la musica e le discipline umanistiche. Per citare Plinio il Vecchio: “Non lasciar passare neanche un giorno senza scrivere una riga”.

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Simona Lorenzano

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