Calorimetro, contapassi, contachilometri e battiti: tutto quello che misura un accessorio per il fitness e che però attira solo in quanto novità, mentre scoraggia chi non raggiunge i risultati sperati.
Uno studio britannico ha da poco scoperto e svelato come l’uso di un fitness tracker, per intenderci un dispositivo che ci accompagna nelle passeggiate, nelle corse e anche nel riposo, non incrementi l’esercizio fisico o il movimento da parte dei teenager. E’ stata l’Università di Birgmingham e della Brunel University di Londra a condurre le ricerche, poi pubblicate sull’ American Journal of Health Education. Gli esperti hanno scoperto che le notifiche che dovrebbero spingerci ad alzarci dal divano perché è già ora di andare a correre, oppure a svegliarci al mattino per aver raggiunto il numero esatto di ore al riposo, in realtà hanno effetto breve. All’inizio dunque, tutti attratti dalla novità di un “contatutto” al polso, ma poi insoddisfatti per i nostri risultati! Sono state ben otto le settimane di test sugli adolescenti di età compresa tra i 13 e i 14 anni di due scuole in zone diverse della Gran Bretagna. I ragazzi hanno indossato un FitBit Charge, tra i modelli più diffusi del marchio che produce bracciali per il fitness e lo sport. Con il proprio smartphone hanno usato l’applicazione connessa e hanno partecipato a sondaggi e focus group durante tutto il periodo di sottomissione al test.
I risultati iniziali sono stati entusiasmanti sia per l’interesse mostrato sia per l’effettivo movimento svolto, questo picco poi è sfociato nel disinteresse verso le attività generando effetti a dir poco catastrofici: un improvviso mix di noia, pressione, irritazione ha travolto i ragazzi.
“Dopo quattro settimane i teenager si annoiavano del FitBit, questo ci suggerisce che almeno in questo studio il dispositivo abbia prodotto effetti modesti e a breve termine” hanno spiegato i ricercatori inglesi. Se pensiamo ai 10 mila passi imposti dal FitBit come soglia minima giornaliera, senza alcuna personalizzazione, forse è comprensibile come ci si possa stancare anche solo al pensiero. Demotivante dal punto di vista personale per chi si ferma prima della soglia, ma soprattutto per chi è legato al confronto con i propri contatti e non riesce a reggere il passo. “Non è nato un desiderio autonomo di essere più attivi e di raggiungere i propri obiettivi ma solo la voglia di superare gli amici” ha affermato una delle autrici dell’indagine, Charlotte Kerner.
Ad ogni modo questi strumenti, se usati con la consapevolezza del proprio stato fisico di partenza e del proprio obiettivo, senza pensare troppo al traguardo altrui, possono essere molto efficaci perché stimolano a gareggiare con noi stessi che, ricordiamo, dovremmo avere come traguardo in fondo alla strada quello di migliorarci sempre.