Bufera sulla ministra Marianna Madia dopo l’inchiesta pubblicata da Il Fatto Quotidiano. Non tarda la risposta della stessa, che si difende anche dagli attacchi degli altri politici. Ad essere incriminata, la tesi di dottorato della ministra.
Il Fatto bacchetta la Madia, sostenendo che la ministra per la Semplificazione e Pubblica amministrazione nei governi Gentiloni e Renzi, debba prendersi le responsabilità per le irregolarità che pare siano presenti sulla sua tesi di dottorato intitolata “Essays on the Effects of Flexibility on Labour Market Outcome”. A detta de Il Fatto, nella tesi con cui Marianna Madia ha concluso il suo dottorato alla Scuola Imt di Alti Studi di Lucca “ci sono passaggi pressoché identici a quelli presenti in altre pubblicazioni” . Le parole copiate nella tesi sarebbero ben 4 mila.
Secondo l’inchiesta de Il Fatto, le modalità attraverso le quali la tesi sarebbe da considerarsi irregolare sono varie: si va dalle frasi riprese verbatim (manchevoli di fonti e doveroso virgolettato) alla tecnica del shake and paste per finire con quella del pan sacrifice, cioè l’arte del concedere poco, per nascondere molto, attraverso la quale la Madia avrebbe citato la fonte solo all’inizio di un frammento per poi continuare ad utilizzarla in diverse parti della tesi, senza però ricordare al lettore che quelle frasi non sono frutto della sua creatività, bensì di quella di qualche altro autore.
È a questo punto che la ministra decide di rispondere, sempre attraverso un Twitter, dove, tramite un link, rende disponibile la consultazione della sua tesi e si difende sostenendo: “Nessuna anomalia. Valuteranno i giudici il danno che ho subito oggi.”
Il plagio è un atto perseguibile in Italia e regolamentato alla legge 475 che prevede una pena che può andare fino a 3 anni di reclusione per chi “in esami o concorsi, prescritti o richiesti da autorità o pubbliche amministrazioni per il conferimento di lauree o di ogni altro grado (…) presenta, come propri, dissertazioni, studi, pubblicazioni, progetti tecnici e, in genere, lavori che siano opera di altri”.