Un leader, un ‘moralizzatore’, un’influenza positiva per gli altri giovani: un ragazzo con tutte le carte in regola per diventare il primo beato del Salento
Matteo Farina, nato ad Avellino e cresciuto a Brindisi, morì all’età di soli 19 anni, stroncato da un tumore al cervello. Il giovane si lasciò in eredità un ricordo memorabile di sé: brillante in chimica e matematica, splendide doto vocali e soprattutto una profonda devozione per quella che definiva una “missione di infiltrato tra i giovani” chiamato a “parlare loro di Dio”.
Dopo la sua morte i suoi sostenitori hanno fondato un’associazione e delle pagine sui social che portano il suo nome. Quelli che lo hanno conosciuto, parlano di lui come una persona straordinaria, fuori dal comune, capace di far fronte con serenità circostanze difficili come il tumore, sempre animato da una grande fede della quale rimane traccia nei suoi diari. A serbarne un ricordo particolare è Salvatore Giuliano, il dirigente dell’Itis Majorana, la scuola di Matteo. “Io, adulto, non riuscivo a capire da dove venisse la forza di quel ragazzino che avevo di fronte – racconta il preside in un’intervista a La Repubblica – di certo mi stava dando una delle lezioni più grandi che ho mai ricevuto nella mia vita”.
Matteo era anche leader di un gruppo musicale. Anche questo rientrava, però, nel suo progetto di “infiltrato tra i giovani”: decise di creare la band proprio per dissuadere i suoi amici dal perseguire la cattiva strada. “Era molto severo, con sé stesso e con gli altri – continua il preside –Ma nessuno lo ha mai preso in giro. Era un leader, gli altri ragazzi lo percepivano come la guida della classe, della scuola”. La chiesa ha deciso di premiare questo ragazzo così speciale e il 24 aprile 2017 si terrà la sessione conclusiva della fase diocesana del processo di beatificazione.
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