Una mano per investire nel Sud e sbloccare la situazione economica-occupazionale della Sicilia. È questa la richiesta di Giuseppe Firrincieli, giornalista siciliano, che ha deciso di scrivere una lettera al Presidente Gentiloni.
“Signor Presidente Paolo Gentiloni, Le invio questa lettera perché possa contribuire a dare una discreta spinta alla martoriata terra di Sicilia. La prego di leggerla, le rubo solo 5 minuti del suo prezioso tempo. Io sono un siciliano che ancora crede in quest’Isola, nelle Istituzioni e che Ella potrebbe fare qualcosa per rimetterla in cammino, nel suo tanto agognato sviluppo economico ed occupazionale. Si è mai chiesto perché molti italiani e siciliani vanno a risiedere alle Canarie o in altri posti perché con la propria pensione qui non ce la fanno?
Io sto riflettendo sulla possibilità di andarmene, ma prima di prendere una decisione definitiva ho pensato di inviarle la presente missiva. Come Ella ben sa, la Sicilia ha grandi potenzialità, come l’agricoltura, il clima, la bellezza paesaggistica, immensi patrimoni storici e culturali e tali da rendere invidia a tanti altri Paesi. Non pensa che favorendo un interesse di intrattenimento residenziale e di turismo stanziale, rivolto ai cittadini dei 27 Paesi europei ed oltre, la Sicilia non possa diventare il centro del Mediterraneo più attraente per investimenti internazionali nel settore del turismo? Il Governo Italiano non avrebbe bisogno di stanziare fondi di investimento per creare lavoro. Basterebbe proporre un decreto per abbassare le tasse in Sicilia del 50 per cento e sicuramente nel giro di qualche anno gli introiti fiscali aumenterebbero più del doppio di quelli di prima. L’Isola entrerebbe a pieno titolo nella rosa dei paradisi turistici del Mediterraneo. La mafia e tutte le organizzazioni a delinquere non avrebbero la possibilità di attingere mano d’opera così facilmente come adesso, perché i giovani in cerca di un facile guadagno avrebbero opportunità diverse nel settore del vero e onesto lavoro.
Nel 1962, Taormina aveva il suo Casinò e il signor Guarnaschelli, proprietario di quella casa da gioco, versò al Comune di Taormina e ai Comuni viciniori fior di miliardi di lire come tasse; ma purtroppo la struttura, che aveva attirato la presenza di moltissimi turisti italiani e stranieri, dava fastidio ai ‘poteri forti’ del Nord e alle altre case da gioco, di Campione d’Italia, Venezia e Sanremo, e così nel giro di un anno e mezzo venne annientata. I politici italiani non contenti di tale ‘chiusura’ si prodigarono anche a trasferire il premio cinematografico ‘Il David di Donatello’ da Taormina a Roma. Già dieci miei amici, ex colleghi di lavoro, hanno abbandonato l’Isola e si sono trasferiti con le loro famiglie a Tenerife e, quando ci sentiamo per telefono, mi dicono: ‘Cosa stai aspettando a venire? Qui è tutto diverso, lo vedrai con i tuoi occhi e col tuo portafoglio’.
Signor Presidente, qui non c’ è più alcuna possibilità di vendere un immobile, neanche a prezzi irrisori, perché non c’è mercato. Qui è tutto fermo, dalla Agricoltura al Commercio. Fino a quando dobbiamo continuare così? La classe politica specie in Sicilia è composta da gente inetta che sa solamente dilapidare soldi, senza capire che la Sicilia è in coma profondo. Guardi che non ci vogliono miliardi di euro per creare occupazione in Sicilia; ci vuole un minimo di buona volontà perché si possa intervenire per incentivare iniziative private di investimenti a bassissimo regime fiscale. Di sicuro, una volta invertita la rotta, chissà quanti siciliani tornerebbero a vivere in Sicilia ed inoltre quanti stranieri investirebbero in quest’Isola. Di sicuro ci saranno pressioni politiche perché tutto ciò non avvenga e perché la Sicilia debba continuare a soffrire le pene dell’Inferno. E se sarà così, credo proprio che a breve e a medio termine, in questa terra rimarranno ben pochi di siciliani onesti e l’Italia, freddamente, per non di dire cinicamente, rimarrà a guardare. Forse aveva ragione l’eroe risorgimentale Luigi Settembrini quando, nel 1870, pronunciò quella fatidica frase: ‘La colpa fu di Ferdinando II, perché se avesse fatto impiccare me e i miei amici, avrebbe risparmiato al Mezzogiorno e alla Sicilia tante incommensurabili sventure. Egli fu clemente e noi facemmo peggio!’. Signor Presidente, ci pensi, glielo chiedo con il cuore, perché ho stima di Lei.
Le auguro buon Anno e La prego di farmi sapere. Giuseppe Firrincieli”.