La pubblicazione del libro del presidente onorario dell’Accademia della Crusca, Francesco Sabatini, ha avuto diverse illuminazioni riguardanti gli psicodrammi della lingua italiana parlata.
In “Lezioni di italiano“, il linguista, filologo e lessicografo passa in rassegna diversi errori che infiammano gli animi degli italiani. Tra questi, ovviamente, c’è un uso sempre minore del congiuntivo, in luogo di un indicativo che spadroneggia nella lingua parlata. Esempi tratti dal libro sono: “credevo che stesse” diventa “credevo che stava”; “Se mi avessi chiamato, sarei venuto” diventa “Se mi chiamavi, venivo”. Ma, come spiega il linguista, è un’abitudine che risale a Dante e ai suoi predecessori.
Il presidente della Crusca afferma che non è un dramma e che bisogna mostrare una “minore schizzinosità”. Si tratta di evoluzione della lingua e, inoltre, secondo Sabatini, “Bisogna rispettare la lingua ma evitando di assumere un atteggiamento aristocratico“. Ovviamente, non si tratta di una sostituzione della versione corretta, ma di una possibilità da usare nelle situazioni informali, tra amici, con un animo meno rigido.
Il lessicografo invece di incalzare su un uso minore del congiuntivo, si sofferma su altri aspetti che per lui sono considerati più gravi. Ad esempio, il “piuttosto che” al posto di “oppure”; gli inglesismi come “location”, “endorsement” e “location”; l’uso del transitivo in frasi come “lo telefono” e infine la punteggiatura, elemento importante tanto che Sabatini cita proprio un decreto legislativo, emanato dal Governo il 18 aprile scorso, come esempio dell’uso negativo di punti, virgole e affini.