Che la causa sia la mancanza di lavoro o la ricerca di sé stessi, non accenna a diminuire la fuga di cervelli, fenomeno ormai dilagante, che indica l’enorme flusso migratorio che interessa la nostra penisola da molti (troppi?) anni. Cittadini del mondo, se vogliamo guardare al fenomeno in un’ottica positiva: è questo che caratterizza, volenti o nolenti, gli italiani.
Le caratteristiche fondamentali comuni sono l’età, che di solito non supera mai i 40 anni, una laurea e, spesso, anche un master di specializzazione. Questo il target preso come punto di riferimento da Renato Mattioni, segretario generale della Camera di Commercio di Monza e Brianza, nella ricerca pubblicata su “Il Sole 24 Ore”, che mostra le percentuali di under 40 che nel 2014 hanno preso la decisione di fare i bagagli e andare alla ricerca di un impiego o di una posizione lavorativa migliore rispetto a quella che occupavano in Italia, ben il 34,3% in più rispetto al 2012. Con una differenza rispetto agli anni precedenti: infatti, per il 3,3% di giovani tra i 18 e i 39 anni sono cambiate le motivazioni che hanno fatto da input alla partenza e, non a caso, a conferma, non mancano tra le mete città italiane come Milano, in testa, che registra 3.300 cambi di residenza, seguita dalla capitale, che ne conta quasi 3 mila, e Torino, dove i trasferimenti sono stati 1.650.
E, allora, quali sono le nuove ragioni che inducono alla fuga? Il miglioramento dello stile di vita, della qualità quotidiana, da conseguire attraverso retribuzioni più elevate rispetto a quelle previste dalle buste paga meridionali, raggiungibili, a loro volta, mediante l’assunzione di ruoli più importanti che, purtroppo, scarseggiano al Sud, insieme alle imprese che tali posizioni offrono. Ma l’ondata di giovani intraprendenti e preparati non si limita all’interno dei confini italiani, prediligendo anche mete oltralpe, come Germania e Svizzera, Francia e Inghilterra, spingendosi fino in America, dove ricerca e sviluppo sono al primo posto nella classifica dei progetti più ambiti, in netto contrasto con la precarietà che circonda lo stivale. Precarietà che fa da ingrediente principale soprattutto in due città meridionali: Palermo e Napoli registrano, rispettivamente, 1.430 e 1.900 trasferimenti nel 2014.
La voglia di mettersi in gioco e intraprendere la spasmodica ricerca di ciò che è “migliore” inizia già durante la carriera universitaria, quando migliaia di giovani studenti salutano famiglia e amici per cominciare gli studi in un ateneo distante da casa, nella maggior parte dei casi al nord, per poi proseguire, dopo il conseguimento del titolo, all’estero, apportando capitale umano e competenza a macchia d’olio in quasi tutta Europa. D’altro canto, ne risulta svantaggiato il Belpaese, che perde preziose “risorse intellettuali”, stufe di aspettare in coda, nelle file il cui è incedere è rallentato dalla burocrazia.