È lungo, bianco ed è il simbolo della devozione. È il sacco di Sant’Agata, che i fedeli indossano ogni anno durante la processione in onore della Santa. Una tradizione che dura da secoli ma che non ha origini molto chiare, sono tante le teorie che ne spiegano la storia.
Secondo una tradizione, forse la più diffusa, ‘u saccu’ è bianco perché richiama la camicia che i catanesi avrebbero indossato il 17 agosto del 1126, quando le reliquie di Sant’Agata tornarono a Catania da Costantinopoli.
Un’ipotesi ben più semplice è quella che lega gli indumenti dei devoti ai colori. Il candido colore del sacco rappresenterebbe la purezza, mentre il nero della ‘scuzzitta’, il copricapo indossato, indicherebbe l’umiltà. E ancora, il sacco è considerato al pari di un abito liturgico e deriva dal ‘sak’, una veste che era indossata in passato per indicare il lutto o la penitenza.
Secondo un’altra scuola di pensiero, la meno conosciuta probabilmente, pare che il sacco bianco e alcuni aspetti della festa di Sant’Agata siano stati mutuati dalle antiche feste in onore di Iside, un culto orientale che si diffuse in Italia in epoca ellenistica.
Tante storie, tutte molto diverse tra loro. Ma in realtà ‘u saccu’ assume un significato diverso per ognuno dei devoti che lo indossa. Per qualcuno è una promessa, per altri è un voto e per altri ancora è una tradizione che si tramanda di padre in figlio.
“Il sacco, fatta eccezione per quelli che lo indossano per moda, – spiega Giuseppe, un devoto – si mette per motivi personali. Si tratta di una promessa, di un voto. Qualcuno lo indossa perché è successo qualcosa di importante nella sua vita. Ma fondamentalmente lo indossi perché senti qualcosa dentro”.
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