Erasmus? Una fuga di cervelli per gli studenti italiani

Sono tantissimi gli italiani che hanno deciso di presentare domanda per il nuovo progetto Erasmus+, secondi solo ai Turchi, rivolto ai giovani laureati che vedono nell’Europa una possibilità per acquisire competenze o crearsi un futuro.

I dati possono essere entusiasmanti o allarmanti allo stesso tempo, in base a come si decide di volerli leggere; purtroppo, però, lo scopo del progetto Erasmus plus dovrebbe essere quello di creare un’Europa condivisa e accessibile, dove le competenze e i professionisti viaggino in maniera libera. La tendenza che, invece, appare predominante in Italia è quella di tantissimi ragazzi bravi, preparati e volenterosi che trovano nel tirocinio offerto dal progetto Erasmus un modo per cercare la propria strada lavorativa definitiva. Sono infatti ben il 51% coloro che ricevono una offerta lavorativa dalla stessa azienda presso cui hanno svolto il tirocinio; tanti altri, poi, decidono di rimanere comunque all’estero, non rientrando in Italia.

Altrettanto non fanno i giovani europei, non trovando evidentemente nell’Italia un utile e interessante trampolino di lancio per le proprie carriere. Ecco che allora si inizia a delineare quel lento ma inesorabile dissanguamento di risorse umane e competenze che sono destinate a non tornare mai più. Ma perché i giovani italiani riescono ad avere così tanta fortuna all’estero? anche in rapporto ai colleghi delle altre nazioni europee.

“Perché sono più bravi” è la risposta di Ivano Dionigi, presidente di Almalaurea; il professore, ex rettore dell’Alma Mater di Bologna, è convinto che il nostro sistema dei licei prepari dei professionisti maggiormente preparati e capaci di affrontare le difficoltà che il mondo del lavoro presenta. Non solo scienze e tecniche, a quanto pare, ma la capacità di sussumere le materie scientifiche con le materie umane, la conoscenza della storia, della filosofia e della letteratura come modi per creare uomini e donne colti e pronti ad affrontare la vita. Questo sarebbe il segreto del successo degli italiani all’estero.

E questi talenti, continua il professore, solitamente decidono di continuare il loro percorso accademico in Italia, ottenendo una preparazione di alto livello anche se spesso poco attinente a quello che è il mondo del lavoro; questo anche perché in Italia manca una vera e propria politica del lavoro e non si può pretendere che l’Università si adegui ad un mondo del lavoro che non riesce a comprendere se stesso.

Quali sarebbero le modifiche e i consigli che il professore farebbe a questi giovani? Cosa sarebbe possibile fare dal mondo della politica? “Garantiamo il primo triennio di studi universitari gratuito per tutti; con l’obbligo di frequentare e di sostenere gli esami nei tempi previsti. Ovviamente serve un mercato del lavoro più equo, dove tutti abbiano le giuste tutele, e serve debellare nepotismo e baronie. A quel punto andare all’estero sarà un modo per completare gli studi e perfezionarsi, trovare un primo o magari un secondo lavoro ma, alla fine, tornare in patria, per mettere a frutto le esperienze accumulate e occupare posizioni di maggiore vantaggio e responsabilità“.

Francesco Giuseppe Marino

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