Un nuovo comunicato ANIEF (Associazione Nazionale Insegnanti e Formatori) informa i cittadini sulle intenzioni del Governo, espresse nel corso dei tavoli di lavoro allestiti dal Partito Democratico sulla realizzazione delle nove deleghe di attuazione della riforma, per le quali gli attuali docenti abilitati precari andranno ad esaurimento e i neo assunti sottoscriveranno dei contratti a tempo determinato di durata triennale, prolungando quindi il loro periodo di precariato: saranno affidati a dei tutor, che li seguiranno passo passo nella formazione iniziale, alla fine della quale, toccherà al loro dirigente scolastico, sulla base dei pareri espressi dal comitato di valutazione, trasformare il rapporto in assunzione vera e propria.
Ovviamente, è stata subito presentata la proposta Anief sulla ripartizione dei posti da assegnare ai vincitori del nuovo concorso per docenti.
Ma cosa vuol di tutto ciò?
In parole semplici, cambia il reclutamento degli insegnanti della scuola pubblica: con l’imminente concorso per nuovi docenti, per il quale in almeno 160mila concorreranno per spartirsi circa 63mila posti, spariranno le abilitazioni. Ovviamente il nuovo sistema partirà all’avvio della riforma del reclutamento con le lauree magistrali. E’ fatto salvo l’avvio del terzo ciclo TFA che partirà a gennaio.
Per insegnare bisognerà superare esclusivamente una selezione pubblica, come previsto dalla Costituzione: gli attuali abilitati precari, gli unici a poter accedere al concorso a cattedra da bandire entro i prossimi dieci giorni, andranno così ad esaurimento. Poi la parola “abilitazione” potrà essere collocata nel dimenticatoio. La volontà è emersa nel corso di uno dei sette tavoli di confronto allestiti nella sede nazionale del Pd, alla presenza di parlamentari, parti sociali e sindacali, sulle deleghe fornite dalla Legge 107/15 al Governo, tra cui quella su ‘Nuovo reclutamento, formazione iniziale ed in servizio degli insegnanti’.
Dal confronto sugli sviluppi della legge delega, che ha avuto tra i coordinatori l’on. Manuela Ghizzoni (Pd), è anche stata espressa un’altra volontà della maggioranza parlamentare: trasformare gli attuali contratti di assunzione non più in tirocini provvisori di pratica-supplenza o contratti di formazione-lavoro, i quali sarebbero poco compatibili con la pubblica amministrazione, ma in veri e propri contratti a tempo determinato di durata triennale. In questo triennio, i nuovi docenti verranno affidati a dei tutor, che ne seguiranno passo la formazione iniziale. Successivamente, i contratti di docenza si trasformeranno, al terzo anno e dopo il via libera del dirigente scolastico sulla base dei pareri espressi dal comitato di valutazione, in contratti a tempo indeterminato. Per il sindacato, che ha sempre chiesto di non introdurre dei contratti da tirocinanti, è una mezza vittoria: rimane da superare la bizzarra idea di prolungare di un triennio il periodo di precariato scolastico, in Italia già per tradizione lungo oltre ogni logica e direttiva Ue.
Al tavolo, assieme a rappresentanti dei parlamentari, parti sociali e sindacati, c’era anche il professor Dino Maiorca: l’esperto dell’Anief ha espresso la proposta del giovane sindacato sul tema dei nuovi concorsi a cattedra: avviare delle selezioni riservate per il 40% al personale con 36 mesi di servizio svolto, per un altro 40% a personale già abilitato all’insegnamento e per il 20% da destinare al percorso formazione – assunzione, valorizzazione dei tutor. Anief ha anche ricordato che è pronta a presentare ricorso qualora il Miur dovesse confermare l’esclusione dal prossimo concorso a cattedra, da bandire entro il 1° dicembre 2015, dei laureati non abilitati.
A proposito, invece, della collocazione professionale dei futuri nuovi docenti, Anief reputa positivo che si sottoscrivano dei contratti a tempo determinato invece che quelli sino ad oggi paventati, ovvero tutoriali o di tirocinio per il biennio di pratica. Sarebbe altrettanto importante, ridimensionare anche il potere discrezionale conferito dalla Legge 107/15 ai dirigenti scolastici, nel confermare o meno il docente tirocinante. Ciò eviterebbe l’ulteriore proletarizzazione e ridimensionamento del docente italiano.