Viviamo in un sistema economico basato sull’erogazione di beni e servizi e sulla rigida distinzione tra chi li offre e chi, invece, li riceve. Ma il vecchio schema binomiale, ossia produttore (impresa, azienda o professionista che sia) versus consumatore, già da un po’ di tempo è progredito. Differenza fondamentale rispetto al passato,è una nuova categoria di consumatore, quella del consumatore informato, un soggetto che desidera e pretende di sapere esattamente cosa sta acquistando, di conoscerne i vantaggi, i difetti, ma soprattutto i rischi, per sé stesso e per la sua famiglia.

In questo nuovo processo di ricerca di trasparenza ed informazioni dettagliate sugli innumerevoli prodotti di origine industriale che acquistiamo ogni giorno, si inserisce la recente battaglia contro l’olio di palma, un olio vegetale fino a poco tempo fa sconosciuto ai più, ma adesso nemico pubblico numero uno dei nostri regimi alimentari. Ma quanto ne sappiamo davvero? Questo articolo analizzerà ogni singolo aspetto correlato a questa nuova presunta minaccia per la nostra salute, così che, da bravi consumatori informati, starà poi a voi decidere da che parte stare.

Cos’è
L’olio di semi di palma è un olio vegetale saturo non idrogenato. Si ricava dalle palme da olio, principalmente Elaeis guineensis ma anche da Elaeis oleifera e Attalea maripa. E’ il secondo olio commestibile più prodotto al mondo.

Dove lo troviamo
Possiamo trovare l’olio di palma come componente in prodotti per l’igiene personale come detergenti e saponi, ma è addirittura usato come combustibile, per la precisione come fonte agroenergetica.
Circa l’80% dell’olio di palma prodotto viene, però, utilizzato nell’industria alimentare. E’ quindi possibile trovarlo in buona parte dei prodotti confezionati che troviamo sugli scaffali di supermercati ed ipermercati. E’ presente in cereali, cracker, creme spalmabili e gelati industriali. Ma anche in prodotti per la primissima infanzia come latte di proseguimento e biscotti da sciogliere nel biberon. A tal proposito una mamma ha intrapreso – con il sostegno del Movimento di Difesa del Cittadino – una battaglia contro la Plasmon, creando una petizione atta a sensibilizzare l’azienda nei confronti dei problemi dell’utilizzo dell’olio di palma nei suoi prodotti. Il sito Il Fatto Alimentare ha invece stilato un elenco dei prodotti da forno che NON contengono olio di palma.

Come riconoscerlo
Fino a poco tempo fa non sarebbe stato molto facile identificare i prodotti contenenti olio di palma. Ma adesso le cose sono cambiate. Facciamo un passo indietro.
Era il dicembre 2011 quando Parlamento e Consiglio europeo approvarono il regolamento UE n. 1169/2011. Tre anni dopo, esattamente nel dicembre 2014, esso è entrato in vigore ed è stato applicato dall’inizio di quest’anno. Ma di cosa si interessa questo regolamento? Esso impone l’obbligo di indicare, nelle etichette dei prodotti alimentari prodotti nella Comunità Europea, l’origine vegetale specifica di oli e grassi. In poche parole, tutti gli oli vegetali vanno dichiarati, e con essi anche l’olio di palma. Non è quindi più possibile, come veniva fatto nell’epoca pre-normativa, riassumerlo in etichetta con la usuale e generica scritta “oli vegetali”.

Perché è così usato
– Il primo motivo del massiccio utilizzo di olio di palma nell’industria alimentare è ovviamente il più semplice: il suo basso costo, inferiore rispetto a buona parte degli oli vegetali.
L’alto contenuto in grassi saturi. Senza soffermarci eccessivamente in approfondimenti chimici, basta dire che l’olio di palma è, fra gli oli di origine vegetale, quello strutturalmente più simile al burro, anch’esso costituito essenzialmente da grassi saturi. In termini pratici, questa caratteristica gli conferisce una maggiore resistenza alle alte temperature e all’irrancidimento, qualità essenziali per garantire robustezza, consistenza e conservazione prolungata alle preparazioni alimentari.
– Una quasi totale assenza di sapore, anch’essa fondamentale nella produzione di prodotti alimentari.

Come agisce nell’organismo
L’olio di palma ha molte proprietà, alcune delle quali insospettabili.
Cominciamo dalle proprietà positive.
– Contiene carotenoidi e vitamina E, che quindi gli forniscono proprietà provitaminiche e antiossidanti.
– Contiene Coenzima Q10, anch’esso noto per le sue proprietà antiossidanti e per i benefici al metabolismo contro le malattie cardiovascolari.
– Contiene Squalene, altro antiossidante e sostanza stimolatoria del sistema immunitario.
– Se applicato sulle ferite facilita la guarigione e, probabilmente, l’olio di palma non raffinato ha effetti antimicrobici.
Ma veniamo adesso agli effetti negativi sull’organismo.
– E’ un cibo ad alto contenuto di grassi, ed in quanto tale, il suo uso andrebbe limitato. I grassi possono infatti depositarsi sulle pareti dei vasi sanguigni e portare ad aterosclerosi e quindi a problemi cardiovascolari. Questo discorso non è però esclusivo per l’olio di palma ma riguarda anche grassi di altro tipo, come il burro o lo strutto ed inoltre non vi è una vera e propria certezza della malattia, ma è assodato un netto aumento della soglia di rischio.
– Per quanto riguarda l’aumento di colesterolo, il discorso è più complicato. Secondo gli studi, infatti, l’olio di palma non contiene colesterolo; ma in compenso l‘acido palmitico, miristico e laurico, i suoi principali componenti, sono delle sostanze responsabili dell’aumento del colesterolo ematico.
Vi sono poi vari studi in merito all’argomento. Il più importante, effettuato dall’OMS, ha accertato che i principali acidi grassi che alzano il livello di colesterolo, aumentando i rischi di coronaropatia, sono gli acidi grassi saturi con 12 atomi di carbonio (acido laurico), 14 atomi di carbonio (acido miristico) e 16 atomi di carbonio (acido palmitico), dato confermato anche da ricerche statunitensi ed europee, tra le quali la ricerca realizzata dall’associazione no-profit statunitense American Heart Association.
Il Comitato di promozione dell’olio di palma malese, ha però risposto citando uno studio cinese che sostiene che l’olio di palma aumenta il livello di colesterolo “buono” (HDL) riducendo il colesterolo “cattivo” (LDL), mentre l’industria dell’olio di palma paragona l’acido palmitico a quello oleico, attribuendogli le stesse doti protettive, in contrapposizione a quanto noto in medicina e dietetica.

Le voci
L’olio di palma è stato additato anche come sostanza cancerogena, ma in realtà al momento non vi è evidenza scientifica che dimostri la correlazione fra olio di palma e la comparsa di neoplasie.
E’ stato anche affermato che l’olio di palma causi diabete di tipo 2. L’affermazione è seguita ad uno studio promosso dalla Società italiana di diabetologia. Lo studio sperimentale è stato, anzitutto, condotto in vitro ed ha rilevato come cellule di pancreas perfuse con del palmitato abbiano riportato un danno. Lo studio, seppure abbastanza interessante, non basta però a marchiare l’olio di palma come causa di diabete, in quanto potrebbe non esserci correlazione tra un insieme di cellule in vitro e un intero organismo umano vivente.

Come viene prodotto

Decisamente più verificabili sono, infine, gli effetti che le piantagioni di palme hanno sul territorio. Nel sud-est Asiatico le coltivazioni hanno portato ad una massiccia deforestazione delle aree tropicali. Anche in Africa la palma da olio inizia ad espandersi nelle regioni forestali, minacciando importanti ecosistemi, come in Costa d’Avorio, Uganda e Camerun. I danni all’assetto del territorio e alla biodiversità sono innegabili e la coltivazione di olio di palma è stata subito etichettata come non sostenibile. Anche gli effetti delle piantagioni sull’uomo sono notevoli, tra l’espropriazione di terre ai contadini, la deportazione di interi villaggi, lo sfruttamento e la totale assenza di condizioni di sicurezza sull’ambiente di lavoro. Peccato che le critiche ai sistemi di produzione non siano esclusive all’olio di palma. Le palme da olio hanno, infatti, a parità di spazio occupato, una produttività molto più alta delle alternative possibili, ed il mancato rispetto di leggi e politiche di non-sfruttamento è, ovviamente, indipendente dal prodotto.


Per cercare di arginare e monitorare questi problemi è nato il Roundtable on Sustainable Palm Oil, un organo a dire il vero ancora molto debole e arbitrario, ma al momento unico garante nello stabilire delle regole indirizzate a tutelare una produzione sostenibile.

Daniele Di Stefano

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