Anna Pestalozza ha 27 anni, viene da Milano e dopo la laurea in designer al Politecnico decide di lasciare l’Italia per proseguire gli studi in Olanda. Vive e lavora a Rotterdam dove si occupa di burocrazia, nello specifico progetta idee che la snelliscano, che la rendano facilmente accessibile a tutti e che aiutino il cittadino a divincolarsi nel caotico labirinto della burocrazia.
Anna progetta servizi rivolti a cittadini come noi assuefatti dagli interminabili iter burocratici, e lo fa sia in ambito privato che statale, lavorando attualmente per il De Interactie Ontwerpers.
Attività tanto intelligente quanto utile anche e soprattutto per il nostro Paese, in cui il binomio burocrazia/efficienza non sempre funziona al meglio. Le sue idee, infatti, non hanno trovato molta possibilità di sviluppo, in pochi hanno capito l’effettivo valore di quanto da lei proposto, come riportato dalla stessa per il sito Linkiesta.it
Anna ha mandato anche il cv a uno di quelli, e le hanno accennato vagamente a uno stage a 300 euro al mese. Dopo due anni di esperienza all’estero: “Quando ne parlo nessuno mi capisce. Nessuno sa cosa vuol dire fare design in questo modo. Gli studi che ci sono in Italia sono molti pochi”.
Dopo due anni all’estero Anna non esclude affatto l’idea di tornare in Italia, nonostante sia ben conscia di quanto il suo lavoro possa essere poco compreso entro i confini dello stivale. Il nostro Paese perde un’altra (e chissà quante altre ancora!) opportunità di crescita. Si investe poco o nulla nei nuovi progetti, e ci si abitua, purtroppo, all’idea del tirocinio, o stage (che suona meglio) non retribuito, o al massimo al rimborso spese, come ha dichiarato Anna nel corso dell’intervista.
“Il Politecnico era molto interessato, ma non aveva denaro liquido a disposizione. Poteva pagarmi solo con rimborsi spese o altri trucchi, tipo creare una specie di borsa di studio. Ma il meccanismo era tanto complicato che alla fine ho accettato la proposta dello Ied. E se tutto il pubblico funziona in questo modo, lavorarci diventa molto difficile”.
Per avere un’idea di quanto sia geniale l’intuizione di Anna basta analizzare la soluzione che ha elaborato per una banca olandese, la ABN Amro.
“Spendevano troppi soldi per dire ai clienti quali documenti presentare per ottenere certi servizi, come ad esempio un mutuo”. L’utente tramite la app può chiedere assistenza ad un esperto della banca, ma può anche decidere di condividere la “checklist” con il suo notaio o con il partner”. Tutto avviene in remoto, senza il bisogno di prendere appuntamenti. Con valore aggiunto per la banca e semplificazione enorme per i cittadini. Un sistema simile, spiega Anna, si può applicare a un sacco di cose: moduli delle tasse, iscrizioni scolastiche, etc…”.
Altrettanto intuitiva è l’idea che Anna ha progettato per noi italiani e che riguarda, nello specifico, la partita Iva. Ecco in cosa consiste: basta conservare attentamente scontrini, fatture e ricevute e inviarle all’app. da lei progettata, che, una volta collegata alla carta di credito o al bancomat, registra tutte le transizioni effettuate permettendo al singolo utente di selezionare da una cartella specifica solo quelli da indirizzare alla dichiarazione dei redditi.
Anna Pestalozza è l’ennesima connazionale costretta a fare le valigie da un paese che non ascolta, o non vuole ascoltare, le nuove proposte e che preferisce marcire dietro le poltrone ammuffite di Montecitorio. Sempre più ragazzi sono costretti ad affrontare la realtà, quella di un paese in cui si potrebbe fare tanto, ma di fatto non si fa e in cui si copia dagli altri senza rendersi conto di quanto materiale ci sia già. Qualora dovesse tornare in Italia, Anna non esclude affatto gli ostacoli ad esso connessi, in primis la questione stipendio.
“Qui ho uno stipendio che mi permette di vivere dignitosamente, risparmiare e continuare a imparare lavorando con professionisti del mio settore. A Milano ho amici con startup che pagano tanto solo perché considerati imprenditori e sono costretti a vivere con la madre perché non possono permettersi altro. Ci vorrà anche gente per bene che rientri in questo paese per far sì che le cose cambino. Mi farebbe piacere tornare e lavorare in ambito socio-politico per migliorarlo. In Olanda mi capita spesso di trovare altri italiani con il mio stesso desiderio. Ma…”
Un “Ma” che suona amaro, che però si può cancellare, chi di voi se la sente?