Addio a Mauro Corsaro, uomo puro e studioso colto e rigoroso
È scomparso Mauro Corsaro, professore ordinario di Storia greca nel nostro ateneo. È scomparso un uomo mite e affabile, timido e ironico, limpido e coltissimo, amatissimo dagli studenti e dai colleghi. E se n’è andato troppo presto e all’improvviso, in silenzio, con quel pudore che era il retaggio della sua nobiltà contadina, con quella leggerezza da Pierrot lunare che incantava i suoi amici.
Laureato a Catania in Storia romana e allievo di Mario Mazza, dal suo maestro aveva raccolto l’eredità e lo spessore del magistero di Santo Mazzarino. Chiamato a insegnare dalle università di Pisa e di Genova, autore di numerosi saggi e di un importante manuale di storia greca, Mauro Corsaro aveva vinto infine la cattedra nella sua Catania, ritornando così – e sia pure da pendolare – alle radici etnee (la sua Mascalucia, dov’era “Mario” per tutti), alla sua facoltà, ai colleghi e agli amici d’un tempo. Mauro Corsaro non era solo uno studioso colto e rigoroso, non era solo un docente appassionato e appassionante (e basta un’occhiata ai social network per accorgersi di quanto amore ha raccolto tra gli studenti, solitamente e giustamente critici): era molto di più. Era un uomo puro: il suo disarmante candore, la levità con cui reggeva e porgeva il peso della sua cultura, il suo distacco arricchito dall’ironia, gli rendevano estranee e pressoché incomprensibili non solo le incombenze più volgari del vivere, ma pure la babele burocratica e la mercificazione del sapere che da un ventennio hanno alterato e svilito, grazie ai nostri governi, la fisionomia e il destino delle università.Un uomo puro: e da puro qual era, a quel candore univa perciò l’indignazione, la critica di questo mondo asservito alla ferocia dei potentati finanziari e alla pantomima dei politicanti. Ma ora non c’è più, come non ci sono più e appartengono ormai solo al ricordo i nostri furori giovanili, l’università in cui entrammo con entusiasmo e devozione, le interminabili discussioni d’allora su Mozart o su Thomas Mann, sui western o su Gramsci, o su quel Dio di cui allora dubitavamo ma che oggi accoglie Mauro nel suo abbraccio.
Perciò, mentre dedichiamo un pensiero pieno di affetto e di nostalgia alla moglie Grazia, sarà bene congedarci dall’amico amato con le parole di una studentessa, raccolte da Facebook: «Amo ricordarlo nelle sue divagazioni spontanee, nella sua competenza libera dall’odore polveroso di un accademismo stantio; nelle sue pose plastiche che ci facevano ridere, nei suoi pensieri istantanei sulla vita e sulla morte. “Chissà cosa ci attende, dopo“, disse, ed aggiunse: “Quando non ci sarò più, voglio pensare di disfarmi nell’universo, ridiventare parte di esso, come polvere dispersa e libera”».Antonino Di Guardo
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