L’attentato terroristico del 7 gennaio alla sede del settimanale satirico francese Charlie Hebdo è stato soltanto l’inizio di un periodo di sangue per l’Europa intera infatti, il pomeriggio del 14 e la notte del 15 febbraio, a Copenaghen, in un centro culturale in cui era in corso un dibattito sulla libertà d’espressione e fuori da una sinagoga, l’Isis ha nuovamente seminato il terrore.
Il terrorismo islamico continua a dilagare ed è stata annunciata la prossima nazione europea vittima delle loro stragi: l’Italia.
L’ Isis ha diffuso un nuovo video dal titolo “Un messaggio firmato con il sangue alla Nazione della Croce”, in cui viene mostrata la decapitazione di 21 copti egiziani, rapiti in Libia, e contenente delle minacce, stando a quanto riferito dal Site, verso il nostro Paese: «Prima ci avete visti su una collina della Siria. Oggi siamo a sud di Roma… in Libia». I messaggi sono rivolti anche agli americani, infatti mentre il video mostra il mare insanguinato dai corpi degli egiziani scorrono le seguenti parole: «Avete buttato il corpo di Osama bin Laden in mare, mischieremo il suo sangue con il vostro».
Immediati i provvedimenti presi dall’Egitto e dall’Italia.
Il presidente Abdel Fattah al Sisi, dopo aver dichiarato sette giorni di lutto nazionale, ha comunicato di riservarsi il diritto di reagire nel modo e nei tempi ritenuti opportuni e la più alta autorità islamica del paese ha condannato la decapitazione chiedendo l’appoggio delle nazioni Arabe e della comunità internazionale per contrastare l’estremismo islamico e affermando: «Gli assassini meritano la maledizione di Allah» .
La Farnesina, già dal primo febbraio, con un warning pubblicato sul sito www.viaggiaresicuri, aveva invitato i connazionali a non recarsi in Libia e quelli già presenti di lasciare il Paese, perché la situazione di sicurezza in Libia era in progressivo deterioramento. A seguito degli ultimi avvenimenti l’ambasciata d’Italia a Tripoli ha sospeso le sue attività e il personale è stato rimpatriato via mare. Sono centinaia gli italiani rimpatriati, mentre molti hanno deciso di non lasciare la Libia, e l’imbarcazione con i nostri connazionali è arrivata nel porto di Augusta, poco dopo la mezzanotte.
Il ministro Gentiloni ribadisce che: «L’ Italia rimane al lavoro con la comunità internazionale per combattere il terrorismo e ricostruire uno stato unitario e inclusivo in Libia, sulla base del negoziato avviato dall’inviato speciale dell’Onu Leon, al quale continuerà a partecipare il nostro inviato speciale, l’ambasciatore Buccino».
Il governo di Roma fa appello all’Onu per avere un ruolo primario, consapevoli che i tempi potrebbero dilungarsi, dal momento che l’Italia ha un doppio fronte d’emergenza: gestire i flussi migratori e i miliziani jihadisti, dal momento che questi gestiscono traffici illeciti, primo tra tutti quello dei clandestini.
Gli analisti concordano nell’affermare che il nostro Paese non è stato mai così esposto, le preoccupazioni crescono sempre più e ci si interroga su un possibile intervento militare, mentre il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha chiarito la posizione dell’Italia: «Questo non è tempo dell’intervento militare». Il livello di rischio per l’Italia è sempre più grande e una delle prime aree ad essere colpite potrebbe essere Lampedusa.