Elvira Seminara è nata a Catania. Giornalista, scrittrice e pop-artist, crede nella riconversione e contaminazione dei linguaggi (e delle cose).
“ Lo scrittore – dice – è un termovalorizzatore umano. Ricicla i rifiuti in risorse, trasforma il caos e gli umori oscuri in scrittura e energia.”
Prima di dedicarsi completamente alla narrativa ha lavorato come redattrice nel quotidiano La Sicilia, prima come cronista e poi opinionista in una rubrica quotidiana, “Oblò”. Come docente a contratto ha insegnato Storia del giornalismo nella facoltà di Lettere a Catania e curato laboratori di “Sartoria narrativa (Tagliare e imbastire una storia)”.
Nel 2008 ha pubblicato il romanzo “L’indecenza” (Mondadori); nel 2009 “I racconti del parrucchiere” (Gaffi editore).
Il suo penultimo romanzo, la dark comedy “Scusate la polvere” (edizioni Nottetempo, 2011), ha meritato due prestigiosi riconoscimenti quale “romanzo da film” dalle giurie del Festival internazionale del cinema di Roma e della Fiera del libro di Torino. Sempre con Nottetempo è uscito nel giugno 2013 il suo noir metafisico e visionario “La penultima fine del mondo”.
Nella primavera del 2014 il teatro Stabile di Catania ha messo in scena la dark-comedy “Scusate la polvere” tratta dal suo romanzo. Prodotto ancora dallo Stabile etneo, è in cartellone per il marzo 2015 lo spettacolo “L’indecenza” sceneggiato dal suo romanzo per la regia di Gianpiero Borgia e la riduzione firmata assieme allo studioso Rosario Castelli.
Suoi racconti sono apparsi in antologie Mondadori, tra cui “Eros e thanatos” e “Non è un paese per donne” (2011).
E’ tradotta in diversi Paesi.
Con la firma Manomissioni ricrea ed espone oggetti d’arte intesi come “mappe narrative”, rinati su materiale di scarto e sedimenti urbani ( “Every thing has its rebirth”.)
Quando non viaggia vive ad Acicastello.
Come nasce il suo amore per la scrittura e l’arte?
“Non so il come, ma il quando sì. Se mi rivedo bambina, sento l’odore dei quaderni e delle biro (che allora, non so perché, macchiavano molto). E dei pastelli, avanzi di stoffa, sassi. Mi divertivo a montare piccoli pezzi di mondo con parole e cose, poesie illustrate, strani vestiti per bambole. Parlavo pochissimo e guardavo molto. Avevo una grande – come si dice oggi – “attitudine trasformativa”. E dunque una vita, trasversale e libera, tutta mia”.
Lei è una grande scrittrice, romanziera e giornalista, ma chi è Elvira Seminara? Con quali aggettivi definirebbe la sua personalità?
“La ringrazio per il grande. Ma gli aggettivi che posso adottare per me sono meno compatti e solidi, anzi piuttosto friabili e precari: molteplice, ondivaga (modo più desueto per dire, più banalmente: instabile, inquieta…) alchimista. Mi piace la contaminazione e il superamento dei generi, dei canoni. Un esempio per risultare meno fumosa? Mi ha divertito moltissimo, questa primavera, affrontare lo stesso tema (al Teatro Stabile di Catania) con diversi linguaggi, contemporaneamente. Mentre sul palcoscenico del teatro Musco era in scena Scusate la polvere, al piano sopra c’era la mia mostra “This is not a bag. Oggetti in crisi di coscienza”. Cioè un’esposizione di agglomerati improbabili in forma di borsette, estratti dall’universo domestico e reinventati con gioco e spirito Dada. Quelle non-borse erano nate nel mio laboratorio mentre scrivevo il romanzo Scusate la polvere. Raccontavano con altra materia la stessa materia”.
Qual è la fondamentale differenza di approccio tra l’arte del giornalismo e quella romanziera ?
“Il giornalista di cronaca deve porsi come mediatore tra un fatto e il lettore, dare informazioni corrette e sparire dietro un linguaggio il più possibile chiaro, onesto, sintetico e ben costruito. Al contrario lo scrittore dispiega tutto il suo ego (ehm spesso noioso o ingombrante) e può, anzi deve, manipolare la realtà se vuole allestirne un’altra più intrigante. (Se il mio romanzo L’indecenza, con la sua storia di cronaca nera, fosse stato un reportage, visto il linguaggio visionario e la ricostruzione anomala dei fatti sarei stata radiata subito dall’ordine professionale.)
Gli scrittori sono narcisisti più o meno mascherati. La pratica della scrittura giornalistica è salutare perché abitua alla sintesi, all’osservazione, alla verifica, all’interesse per ciò che è altro da noi. E’ un ottimo antidoto all’ingombro dell’Io, che Gadda definiva “il pidocchio dei pensieri”.
Qual è il libro che le ha cambiato la vita?
“ Nel 2008 L’indecenza, in senso reale. Il primo romanzo, il primo successo sul fronte, dunque nuovi percorsi biografici, internazionali.”
Qual è la sua creazione a cui è più legata?
“La mia vita, col suo profondo e sempre nuovo tessuto narrativo. Cioè le mie figlie e mio marito”
Quanto di lei e della sua vita c’è nei suoi personaggi?
“Da buddistante quale sono (buddista protestante) credo nelle preesistenze e nella pluralità dell’io. Qualche mia vita sconosciuta può dunque e forse transitare in una storia, o raccontarla.”
Lei ha un grande amore per l’arte, ben note sono le sue creazioni esposte anche nell’Art Gallery di Marella Ferrera. Lei si definirebbe una Fashion Artist?
“No, preferirei Faction artist, contaminando fatto e gesto (creativo). Scrivere una borsa o costruire una collana è per me lo stesso processo inventivo, sono narrazioni attive. Che contengono non solo l’autore ma la storia stessa dell’oggetto, le sue componenti, la materia, la lavorazione, la destinazione d’uso. O ri-destinazione, visto che preferisco lavorare con materiale di scarto o di recupero. Con frammenti di cose rotte o imperfette. Mi piace rigenerarle. E spesso la loro secondlife è più bella della prima.”
Come nascono queste invenzioni, cosa le accomuna oltre il principio del riciclo?
“L’ironia e la passione zen del dettaglio. Più il piacere ludico-sadico di manipolare e sabotare gli stereotipi (il mio marchio è appunto Manomissioni). Come nelle Cramatte, anti-cravatte folli e depistanti. Io mi definisco una Cantascorie. Il bigliettino che accompagna le mie cose (che hanno un titolo e una data) recita così : “ Pezzo unico ricreato a mano / con scorie e avanzi del pianeta urbano / E un nuovo sguardo di stupore e affetti / per la vita degli umani e degli oggetti”.
Che progetti ha per il futuro?
“Ne ho tanti per il presente, il futuro mi ha sempre fatto soggezione”.
Cosa si sente di dire ai giovani che vogliono intraprendere la carriera di giornalisti e scrittori?
“Pensateci bene, con una mano sul cuore”.