Dopo l’ennesima rivolta al Centro di Accoglienza, ecco le impressioni della cittadinanza
“La rabbia è tanta. Rabbia nei confronti di chi non dà il giusto peso alla situazione continuando a riempirsi le tasche mettendo in gioco la sicurezza di noi cittadini. Non so se il peggio sia già arrivato o debba ancora venire, ma penso che questi siano solo l’inizio di spiacevoli fatti che si eleveranno alla massima potenza se non si troverà una soluzione. Fatti del genere non possono e non devono essere ignorati,per nessuna ragione”. Queste le parole di Sara, una studentessa liceale riguardo l’ennesimo scompiglio che si è venuto a creare a Mineo,in provincia di Catania,dove ha sede il C.A.R.A. (Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo). Dopo aver bloccato tutte le strade che danno accesso alla cittadina e, in alcuni casi, aver impedito a studenti e lavoratori pendolari di raggiungere le rispettive sedi di lavoro, un cospicuo gruppo di immigrati è salito in paese per protestare e denunciare la difficoltà nell’ottenere un permesso di soggiorno e riuscire ad uscire da quello che oggi si potrebbe definire un “lager moderno”. Fortunatamente, grazie all’intervento delle forze dell’ordine, è stato possibile evitare il peggio. Almeno per questa volta…
Paura, rabbia, senso di impotenza. Queste le sensazione che maggiormente investono i cittadini della piccola comunità del calatino, che non riescono più a vivere tranquilli e in pace nella loro stessa città. Dai giovani agli adulti, la voce è unanime: bisogna fare qualcosa! Tutti vogliono liberarsi dalla paura che li attanaglia: c’è chi percepisce anche il solo uscire di casa come un pericolo, mentre altri sostengono che, finchè c’è una convivenza pacifica, il danno può anche essere superato.
In questo momento, è stato occupato l’auditorium cittadino riservato alle conferenze e ai consigli comunali. I cittadini vogliono quindi fare arrivare un messaggio molto chiaro: sono stanchi di non essere tutelati da uno Stato assente, stanchi di essere utilizzati come pedine volte ad arricchire i più forti, stanchi di essere al servizio di coloro che non muovono un passo verso il bene comune.
C’è chi ha definito queste manifestazioni come una vera e propria “bomba sociale” destinata a crescere in modo lento ma costante; potrebbe quasi essere definita una “guerra tra poveri”, dove le vittime si contano a centinaia, forse migliaia, mentre i vincitori stanno a guardare il loro paese che muore sotto il cumulo delle loro ricchezze.
“Gli interessi che girano intorno a questa struttura sono talmente grossi che i vertici politici non ascolteranno mai la voce degli immigrati, tantomeno quella del popolo. Chi ha interesse a far sì che questo progetto continui, non si fermerà davanti alle nostre proteste. Noi siamo stanchi di subire e loro di stare chiusi in quello che è un ghetto dei nostri giorni. Della nostra rabbia e della nostra sofferenza a loro non importa proprio niente!”. Parole dure, parole amare espresse da una donna che, nonostante abbia deciso di rimanere nell’anonimato, vuole anche lei porre fine ad un vero e proprio muro di omertà.
In questo clima che sa di tutto fuorchè di natalizio, ci prepariamo a ciò che avverrà in questi giorni. Ciò che viene chiesto è tutela, sicurezza, senso di responsabilità nei confronti dei cittadini. Se lo Stato, o chi per lui, non riesce ad affrontare la situazione con saggezza, venga a vergognarsi di fronte a un popolo oppresso e senza più alcuna fiducia nei confronti delle istituzioni.
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