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Intervista ai B.M.C. Big Mountain County. Un rock’n’roll sporco e selvaggio.

1420347_10202414430992745_2009584074_nI B.M.C. Big Mountain County suonano rock’n roll sporco e selvaggio in pieno spirito Do-It-Yourself. La band si forma a Roma nel 2012 da una costola dei “The Boilers”, giovane garage band già capace di costruire un ampio seguito nel circuito underground. Composti da tre elementi, in Luglio i B.M.C. registrano alcune tracce che fanno emergere chiaramente il sound della band: a metà strada tra il rock’n roll ed il punk, senza tralasciare una certa vena melodica e l’amore per la forma canzone. Dopo essersi esibiti in diverse località italiane, al gruppo si unisce il bassista Wolfman Bob, già membro dei “The Ultra Twist” e del “Trio Banana”. I B.M.C. hanno registrato il loro primo 7 inches uscito a ottobre e totalmente autoprodotto. Tre brani di puro rock’n’roll: My Time, Brain Machine e 1945. Il singolo My Time ha già un suo videoclip magistralmente scritto e diretto da Sebastiano Greco. Sono reduci da un tour alla conquista dell’Europa dell’Est durato tutto il mese di novembre toccando paesi come la Serbia, Croazia, Ungheria e Bosnia ottenendo ottimi consensi dal pubblico straniero. LiveUniCt grazie a Cristina Chinaski ha incontrato Alessandro Montemagno (voce e chitarra) e l’ha intervistato a nome di tutta la band.

Nella vostra biografia si legge “La Big Mountain County era una contea tra montagne e spiagge, dove passavano blues man, teenager che ascoltavano folk e rock’n’roll sporco, si trovavano pub popolati da vecchi punk e negozi pieni di amanti del soul e del beat. “ Come mai avete deciso di chiamarvi proprio come il nome di questa Contea?
Quella biografia l’abbiamo scritta tempo fa, ma anche se è un po’ datata riscontriamo ancora oggi una certa affinità con quello che suoniamo. Il nome non ha un perché strutturato o molto ragionato. Il progetto è iniziato come un duo acustico senza tante pretese, due chitarre e percussioni varie mal suonate, e dato che i due soggetti che facevano parte di questo progetto prendono il nome di Alessandro Montemagno e Francesco Conte, abbiamo tradotto i cognomi e li abbiamo un po’ storpiati e si è trasformato in Big Mountain County. Il perché del nome é fondamentalmente questo. Non ci sono stati grandi riferimenti né a poeti né a scrittori o a generi musicali.

Come e quando vi siete conosciuti?
Come ti dicevo prima abbiamo iniziato come un duo, ma successivamente abbiamo sentito la necessità di un batterista perché i pezzi stavano prendendo una forma non più acustica nonostante la formazione. Ho scelto l’unico batterista con il quale riesco a suonare che è Bruno Mirabella, batterista dei “ The Boilers”, band con cui suono, suonavo… questo è ancora da vedere, facevamo garage sixties. Abbiamo iniziato a provare i pezzi in tre, ovviamente tutto è cambiato, tutto si è trasformato. Siamo riusciti a rendere i brani più completi con un tiro anche diverso. Per un breve periodo ha collaborato con noi una ragazza di nome Cristina che suonava l’organo, ed anche in questa occasione i pezzi hanno subito qualche stravolgimento e nuovi arrangiamenti, in seguito, sia per motivi personali che per altri motivi, tipici di chi decide di suonare rock’n’roll, Cristina ha abbandonato la nave ed a sostituirla è stato un uomo dalle grandi doti (ride) Wolfman Bob. Lui è entrato in questa band come per chiudere il cerchio. Siamo riusciti a trovare la giusta formazione e quindi siamo pienamente soddisfatti di questo acquisto. Adesso siamo in quattro e spero che questa formazione rimanga solida

Come nasce la vostra musica ed i testi? Quali sono le vostre influenze ed ispirazioni?
Abbiamo influenze molto trasversali, bene o male tutti siamo partiti dal blues e dal punk. Attualmente i brani hanno delle influenze che vanno dal funk più scassato al garage, fino ad arrivare a roba più psichedelica. Non mi va di citare nomi di gruppi perché la trovo un po’ una cosa limitante. In realtà dentro i nostri brani ci sono tanti ascolti, anni di ascolti di musica di vario genere. Sicuramente c’è l’attitudine punk, ecco parlerei più di attitudine che di genere.

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Il singolo “My time” ha un suo videoclip musicale girato da Sebastiano Greco. Com’è stato lavorare ad un videoclip?
Per alcuni di noi girare un videoclip era cosa già nota, per altri invece un qualcosa di totalmente nuovo e ci sentivamo dei bambini al parco giochi che si divertono. Nonostante tutto non è un video costruito, ma siamo “noi”, la nostra attitudine, la nostra “cazzoneria” a suonare “My Time”. In più, dietro ci sono delle scelte artistiche legate a Sebastiano che ha fatto, a nostro parere, un ottimo lavoro, ha assecondano la nostra indole da “cazzoni” senza perdere mai la calma, anzi dimostrando molta pazienza e ha avuto anche delle idee geniali quindi il risultato è quello che potete vedere con i vostri occhi. E’ stato girato fondamentalmente in un giorno al DalVerme di Roma, con la collaborazione anche di Lorenzo Vecchio per la fotografia e per la prima camera, Luca Boggio assistente di regia e secondo cameraman, e la presenza fondamentale di Barbara Giordano che in questa occasione si è prestata a questo gioco, ma in realtà lei è un’attrice professionista. Ovviamente li ringraziamo perché il loro apporto è stato tutto a supporto della band, ci hanno fatto un bel regalo.
E ringraziamo anche Teo Pizzolante, detto Tonno Subito, che ha registrato i nostri sei brani, tre che fanno parte del 7 pollici e tre che sono ancora inediti, che forse metteremo sul web o forse no, ancora è tutto da decidere.

Un vostro brano ha il titolo di “1945” e rievoca nella memoria di ciascuno di noi la fine della Seconda Guerra Mondiale. La canzone è la fine di qualcosa o l’inizio di qualcos’altro?
1945 racconta una storia, comprende entrambi gli aspetti la fine e l’inizio, perché parla di una storia e della sua conclusione, quindi può fare riferimento anche a un momento storico, ma può essere anche una metafora per una storia di amore che è finita e nello stesso tempo avere la speranza che ne possa iniziare un’altra migliore.ffea858d3ccad7a9294428bda70015ee

Siete reduci da un tour alla conquista dell’Europa dell’Est durato tutto il mese di novembre toccando paesi come la Serbia, Croazia, Ungheria e Bosnia. Avete riscontrato delle differenze tra il pubblico italiano e quello estero?
Il tour all’estero è stata un’esperienza importante perché ci ha permesso di diventare un gruppo, in quanto trascorrere undici giorni insieme nello stesso furgone percorrendo tanti km per raggiungere posti diversi e arrivare all’ultimo giorno in grado ancora di parlare, scherzare vuol dire che c’è una buona affinità. I concerti sono andati bene, abbiamo avuto la possibilità di conoscere gente nuova, ci siamo confrontati con realtà locali, abbiamo visto posti bellissimi e abbiamo riscontrato una grande ospitalità dal momento del nostro arrivo fino al momento di andare via. Siamo riusciti anche a vendere i nostri dischi e anche se dal punto di vista economico non è stato uno dei migliori risultati, ma mi piace vederlo come un investimento a lungo termine. Le differenze con il pubblico italiano? A questa domanda non vorrei rispondere in maniera stereotipata o utilizzando luoghi comuni. In Italia, ad esempio quando andiamo a suonare giù in Sicilia, abbiamo sempre avuto un’accoglienza calorosa e abbiamo sempre visto un pubblico divertito. Poi ci sono anche posti in cui la gente è un po’ indifferente. Durante questo tour, in particolare, abbiamo trovato sempre, anche nel caso di poche presenze, gente che aveva voglia di divertirsi, di ascoltarci, molto curiosa. Quindi posso dirti che non c’è molta differenza, dipende dai posti e da come tu stai trasmettendo quello che stai facendo.

Progetti per il futuro? Mi date qualche anticipazione?
Progetti futuri…suonare, continuare a suonare, creare. Non è detto che continueremo ad auto-produrci. Siamo aperti a nuovi contatti anche a esperienze diverse. Quella dell’auto-produzione è stata un’esperienza che non dimenticheremo, sia a livello economico sia soprattutto a livello di soddisfazioni, perché nonostante i sacrifici che fai per stampare la tua musica e sei tu poi a produrla sei ancora più legato a quello che porti in giro suonando. La nostra idea è quella di suonare ancora in giro, anche all’estero, e magari stampare un LP. L’unica cosa che ti posso anticipare è che a settembre ci chiuderemo per qualche settimana in sala di registrazione e dare vita a questo nuovo LP che è in cantiere.

A proposito dell'autore

Cristina Chinaski

Cristina Chinaski nasce a Catania dove tuttora risiede. Ama viaggiare, fotografare, leggere, scrivere. Ha una passione viscerale per la musica, suona il pianoforte, colleziona vinili e adora il cinema.