Guardando i componenti che riempiono le nostre aule universitarie, tra la massa incolta di ragazze e ragazzi con tanta voglia di godersi quelli che chiamano o chiamiamo gli anni più belli, gli anni in cui è giusto, è necessario, è indispensabile divertirsi, fare cazzate, ma allo stesso tempo impiegare se stessi e tutte le proprie risorse per realizzare un progetto lavorativo stabile, non è poi così difficile incrociare donne più mature con una famiglia alle spalle, con dei figli a carico, mille pensieri centrifugati nella testa (cosa cucino a mezzogiorno, avrà fatto i compiti, avrà pagato le bollette, devo fare la spesa, mannaggia piove e la biancheria è stesa! E’ sempre il solito, non cambia mai!). L’università diventa teatro di questo affascinante incontro tra due realtà differenti: quella dei figli-studenti e quella dei genitori-studenti. Per non parlare della tenerezza che suscitano le future mamme che camminano facendosi largo tra la folla accarezzandosi la pancia o proteggendola da possibili attacchi frontali o urti selvaggiamente improvvisi. Sono donne forti e coraggiose che, nonostante la gravidanza, non vissuta come un limite, come un freno, come un vincolo, ma come una delle più belle esperienze che una donna possa vivere e realizzare nel corso della propria vita, decidono di continuare lo stesso, o approfittano del periodo di “riposo” (o come la chiama qualcuno!) di “pausa lavorativa forzata” per completare gli studi non ultimati in passato, o magari per intraprendere una nuova esperienza (appunto quella universitaria) affiancandola a quella della maternità, sforzandosi di darsi più materie possibili prima di dover interrompere e dedicarsi pienamente al proprio bebè.
Per le future mamme, così come per tutte le mamme in generale, conciliare gli studi con i pannolini sporchi di cacca, i biberon lasciati a raffreddare, i compiti a casa ancora da fare, le crisi “isteriche” adolescenziali da placare, i figli iperattivi da accompagnare, con un lavoro (nel caso in cui si abbia) da fare, non è affatto semplice. Ci piace pensarle come delle “super woman” che hanno scelto la vita (quella dei loro figli!) alla sola carriera, che temerariamente si incontrano e si scontrano con le mille difficoltà quotidiane, notevolmente amplificate da una pluralità di ruoli da svolgere parallelamente. Super woman che, pur di coronare un sogno (la laurea), di soddisfare se stesse e la loro ambizione, sono disposte a fare rinunce (la palestra, il massaggio al centro benessere, una gita dal parrucchiere!), a fare le nottate o le mattinate, a sopportare i bambini che giocano sotto la scrivania su cui stanno studiando, a essere sgridate dal marito che rientra e trova il frigo vuoto o le camicie non stirate, a maledire il momento in cui il professore, per un incredibile caso del destino, decide di rinviare la data tanto agognata dell’esame.
Insomma, è palesemente evidente che il carico di lavoro, quando si è mamme, è decisamente superiore alla norma e spesso, anche per le più tenaci e determinate, è facile restare indietro con gli esami e dover pagare ugualmente e (inutilmente!) le tasse universitarie. Per questo motivo in molte università si può richiedere la sospensione degli studi, per la propria maternità, congelando così il pagamento delle tasse, senza pagare arretrati e more per l’anno di nascita del bambino e per tutto il periodo successivo.
La Procedura Interruzione prevede la seguente casistica secondo cui si può chiedere la sospensione:
– iscrizione a Istituti di formazione militare italiani (anche convenzionati con università pubbliche) fino al completamento dei relativi corsi;
– gravi motivi inerenti le condizioni personali e familiari dello studente, sottoposti all’apprezzamento discrezionale del Dirigente.
N.B. In quest’ultimo caso, la domanda deve contenere idonea documentazione che attesti chiaramente i motivi addotti.
– servizio civile per l’anno accademico in cui ricade lo svolgimento del servizio;
– nascita di figlio per l’anno accademico corrispondente o successivo alla data di nascita; la sospensione può essere richiesta da entrambi i genitori;
– grave infermità, attestata da certificazione medica, di durata non inferiore a 6 mesi per l’ anno accademico corrispondente o per quelli successivi all’evento, per l’intera durata dell’infermità;
– gravi motivi inerenti le condizioni personali e familiari dello studente, sottoposti all’apprezzamento discrezionale del Dirigente.
N.B. In quest’ultimo caso, la domanda deve contenere idonea documentazione che attesti chiaramente i motivi addotti. Consiglio dunque alle mamme studentesse di informarsi presso la propria Università e prepararsi per tempo”.
Sempre a favore di tali situazioni, alcune università consentono alle future mamme di prolungare la scadenzanormalmente fissata per il raggiungimento minimo dei crediti necessari a ottenere la borsa di studio. Il mondo delle nuove tecnologie e della multimedialità d’altro canto agevola notevolmente. Non a caso, sono molto diffuse in Italia corsi universitari erogati in modalità e-learning, ossia che possono essere svolti online, per permettere a tutti, anche a chi non ha molto tempo a disposizione di laurearsi, un innovativo sistema di apprendimento autogestito che sfrutta le potenzialità della rete Internet. Ma per la serie “un università che stupisce” l’Ateneo di Torino, particolarmente sensibile alle difficoltà di molte mamme che non sanno a chi o dove lasciare i propri pargoletti quando loro sono a lezione, offre la possibilità di recarsi all’ Università con il proprio bambino. Le donne che lavorano e studiano tra aule e biblioteche, laboratori e dipartimenti, potranno così tra un anno a questa parte portarsi dietro i figli e lasciarli all’ asilo nido dell’ ateneo. E’ questo, in breve, il progetto lanciato dal Comitato Pari Opportunità dell’ Università di Torino dal titolo «La città universitaria della conciliazione», al fine, appunto, di conciliare i tanti “impegni”, i tanti doveri a cui molte di noi contemporaneamente in veste di donne, mogli, madri e anche studentesse, sono chiamate a svolgere.
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