I tagli alla ricerca in Italia, che vanno avanti ormai da un bel po’ di anni, si fanno sentire. I ricercatori italiani ottengono pochissimi finanziamenti pubblici e i posti per i dottorandi tendono sempre più a diminuire. Contestabili sembrerebbero anche gli standard di valutazione per ottenere fondi e posti di ricerca, legati ad una commissione non interna ai dipartimenti universitari.
Contro questa situazione, a dir poco felice, si terrà oggi un’assemblea pubblica a Roma, nella sala della Cgil, aperta a studenti, personale universitario, ricercatori e professori, finalizzata alla proposta di eventuali misure utili a favorire l’istruzione e la ricerca in Italia.
Infatti, i provvedimenti finora adottati dal Governo sembrerebbero non adeguati alla situazione attuale.
A partire dai finanziamenti di 230 borse, messi a disposizione nell’agosto di quest’anno dal Miur, per coprire “dottorati innovativi” e per la “costituzione di 4 nuovi cluster (Made in Italy, Beni Culturali, Energia e Blue Growth) che, insieme agli altri 8 già esistenti, in autunno potranno partecipare al bando da circa 400 milioni destinati a ricerca industriale e cooperazione pubblico-privato”, come si può leggere nel sito del Ministero della pubblica istruzione.
Ma misure del genere possono essere sufficienti per i ricercatori italiani? Sembrerebbe di no, dal momento che la maggior parte dei fondi debba servire a coprire le varie spese, lasciando pochissimo per i progetti di ricerca e per gli stessi strumenti di lavoro.
E che dire del nuovo provvedimento adottato dal governo, lo “student act”, facente parte della manovra economica per l’anno 2017, volto a beneficiare non solo gli studenti a reddito più basso e più meritavoli, permettendo loro di non pagare o pagar meno la tassa di iscrizione all’università, ma anche i ricercatori italiani attraverso una somma di circa 200 milioni diretta ai migliori dipartimenti italiani e un’altra di circa tremila euro per i ricercatori. Tuttavia, l’assegnazione di tali fondi dipende strettamente dalle valutazioni dell’Anvur, cioè l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e di ricerca, che dipende dal ministero della pubblica istruzione.
Dunque, tra i problemi che affliggono la ricerca italiana, oltre i pochi fondi realmente a disposizione, si aggiungerebbero anche i criteri di valutazione, legati appunto a commissioni esterne ai vari dipartimenti e dipendenti dal governo. (ma, vista da un altro punto di vista, tale situazione potrebbe essere volta a scoraggiare il baronismo nel passaggio delle cariche) Queste potrebbero esasperare alcuni dei problemi tipici del Paese, ad esempio il dualismo Nord – Sud Italia, che si nota fortemente anche nel campo della ricerca.
Insomma, si spera che l’assemblea che si svolgerà a Roma potrà servire a portare avanti reali misure positive per la ricerca italiana, fornendo ad essa adeguati finanziamenti e adottando criteri di giudizio dei vari Atenei più obiettivi e che non esaltino il dualismo Nord – Sud del Paese. Il tutto finalizzato allo sviluppo e al progresso culturale e scientifico dell’Italia, con la speranza che i suoi cervelli non dovranno essere più costretti alla fuga verso l’Estero.
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