Assegno unico: seguito di un errore commesso dall’INPS, alcune famiglie potrebbero ritrovarsi a dover restituire all’ente una parte dell’agevolazione erroneamente erogata nel 2022.
L’INPS sta infatti cercando di sistemare la situazione di sette mensilità (da marzo a settembre) con un’agevolazione di 30 euro erogata erroneamente: per questo motivo, ai beneficiari potrebbe essere richiesta indietro una somma che potrebbe arrivare fino a 210 euro per figlio. Di seguito i dettagli.
Assegno unico: le famiglie coinvolte
A partire dal mese di ottobre 2022, l’assegno unico è stato ridotto, rispetto alle mensilità precedenti, a circa un milione di famiglie monogenitoriali, a cui è stata sottratta dalla quota mensile la maggiorazione fino a 30 euro, riconosciuta nel caso in cui entrambi i genitori abbiano un reddito da lavoro.
Si tratta di un’agevolazione riconosciuta dall’articolo 4, comma 8 del decreto legislativo n. 230/2021: “nel caso in cui entrambi i genitori siano titolari di reddito da lavoro– si legge-, è prevista una maggiorazione per ciascun figlio minore“. Questa è pari a 30 euro con Isee uguale o inferiore a 15mila euro e si riduce gradualmente fino ad annullarsi con Isee pari o superiore 40mila euro. Può dunque arrivare fino a 60 euro mensili con due figli a carico, 90 euro con tre e così via.
Perché l’INPS chiede la restituzione di una parte dell’assegno unico?
Nel decreto non sono menzionati i nuclei costituiti da un solo genitore: per questo, quando l’agevolazione è iniziata, molte famiglie monogenitoriali l’hanno comunque richiesta, anche perché nel modulo di domanda non erano ben specificati i requisiti.
Inizialmente, dunque, l’assegno è stato riconosciuto anche ai genitori soli che, al momento della domanda, dichiaravano di lavorare e di averne diritto, seppur in assenza di un secondo genitore con un secondo reddito.
Assegno unico: quanto dovranno restituire le famiglie?
A seguito di questo errore, l’INPS si trova adesso costretta a sanare la situazione delle sette mensilità con maggiorazione erogata e ciò potrebbe chiedere la restituzione delle somme indebitamente percepite.
Di conseguenza, ai beneficiari potrebbe essere richiesta indietro una somma che potrebbe arrivare fino a 210 euro per figlio (30 euro per sette mesi).