La mattina del Test Medicina 2022 inizia con le proteste degli studenti in Sicilia. Infatti, sia davanti l’Università di Palermo che davanti quella di Catania si sono svolte delle proteste a partire dalla mattinata odierna. A Palermo è stato organizzato stamattina un sit-in di protesta contro i test di ingresso alla facoltà di Medicina organizzato dal Laboratorio studentesco autonomo. Sugli striscioni appesi di fronte l’edificio 19 di viale delle Scienze si legge: “La pandemia non ha insegnato nulla. Stop ai test d’ingresso”.
E ad articolare il concetto è stato Giovanni Castronovo, che al megafono ha spiegato che “Due anni di pandemia dovrebbero aver dimostrato a tutti quanto il nostro sistema sanitario sia inadeguato: mancano i fondi, la strumentazione e soprattutto il personale sanitario. Eppure, invece di investire per garantire un sistema sanitario che sia davvero pubblico ed efficiente, in grado di aiutare chi sta male e non può permettersi di andare a curarsi nelle cliniche private, ci ritroviamo ancora con il numero chiuso che ogni anno impedisce a più di 50 mila aspiranti medici di esercitare il proprio diritto allo studio per poi garantire a tutti il diritto alla salute. A Palermo quest’anno sono disponibili 475 posti a medicina: una miseria, che costringerà migliaia di ragazzi a iscriversi in altre facoltà, a emigrare o addirittura a non frequentare l’università”.
Ma la protesta non si ferma alla mera questione del test di ingresso a Medicina, da anni dibattuta. Infatti, chi riesce a superare la prova, seguire il corso di studi in Medicina e laurearsi si trova a distanza di poco tempo davanti ad un nuovo ostacolo, vale a dire i concorsi di specializzazione. “Ogni anno più di 15.000 laureati in medicina sono costretti a sottoporsi all’ennesimo test, che impedirà a più di 3.000 di loro di specializzarsi”, dichiara il comitato studentesco.
“Con strutture fatiscenti o che mancano del tutto, malati lasciati in barella nei corridoi per mancanza di spazio, file assurde nei pronto soccorso e liste d’attesa infinite, mentre i medici e il resto del personale sanitario sono stati costretti a fare i tripli turni, o a essere richiamati nonostante la pensione durante la pandemia, come si può pensare di mantenere il numero chiuso? Servono nuovi medici giovani in grado di tenere aperti i reparti e i presidi sanitari quartiere per quartiere, paese per paese”, aggiunge Dario Palazzolo del Laboratorio studentesco autonomo.
Allo stesso tempo, a Catania il Fronte della Gioventù Comunista (FGC) ha organizzato una protesta contro il test di ingresso a medicina e il numero chiuso.
“Il Sistema Sanitario Nazionale negli ultimi due anni ha dimostrato tutte le sue debolezze strutturali, frutto dello smantellamento sistematico e della privatizzazione a cui è stato sottoposto”, ha dichiarato Francesca D’Addeo, militante del FGC. Dal 2010 a oggi, più di 170 presidi ospedalieri (15%) e 800 poliambulatori sono stati chiusi in tutto il paese. Contemporaneamente, c’è stata un’impennata del numero degli istituti di cura privati, che costituiscono ora più del 48% delle strutture sanitarie totali.
“Nonostante le numerose dichiarazioni di esponenti politici in campagna elettorale, non c’è promessa che tenga: tutti i principali partiti, di ogni colore, sono complici del collasso del SSN”, continua la militante del FGC.
Come sottolineato anche a Palermo, non sono bastati neanche due anni di pandemia e oltre 170.000 decessi per indurre un cambiamento di rotta. Con la retorica della meritocrazia, fittizia nei fatti, si sostiene un numero chiuso nei corsi di medicina e professioni sanitarie che, fin dalla sua istituzione, è stato uno degli strumenti con cui si è proceduto allo smantellamento della sanità pubblica. Così, anche quest’anno, più di 65.000 studenti parteciperanno ai concorsi per le facoltà di Medicina e Chirurgia, con la speranza di essere in quello scarso 20% che riuscirà a entrare.
“Quella contro il numero chiuso è la lotta degli studenti per costruire un sistema sanitario migliore, in grado di farsi carico della salute di ciascuno e rispondere alle situazioni di emergenza”, conclude Francesca D’Addeo.