“L’Orto botanico è un posto speciale, mi fa sentire rilassata come se fossi al mare. Lavorare qui mi permette di imparare tante cose che prima non conoscevo, e con la mia attività all’interno della biblioteca sto scoprendo delle capacità che non immaginavo di avere”. A. è una ragazza catanese di 21 anni, e come si dice in questi casi, è “entrata precocemente nel circuito penale”. Dagli inizi di aprile sta però svolgendo un tirocinio di inclusione sociale nel giardino scientifico dell’Università di Catania, insieme a G., suo coetaneo, anch’egli seguito dagli Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni del Tribunale, impegnato con lavori di manutenzione del verde.
Ieri mattina hanno incontrato il rettore Francesco Priolo, che ha voluto ascoltare dalla loro stessa voce come sta andando questa esperienza che si concluderà a fine giugno. E il rettore ha potuto toccare con mano la grande soddisfazione dei due ragazzi, accolti con simpatia e attenzione da tutto il personale dell’Orto: “Quest’aiuola l’ho sistemata io – gli ha mostrato G., accompagnandolo lungo i sentieri che collegano l’Hortus generalis all’Hortus siculus –, e ho anche potato quei piccoli arbusti di pomelia, che attendono di essere piantati”.
Ad accogliere il prof. Priolo c’erano anche il direttore dell’Orto botanico Giampietro Giusso del Galdo, la direttrice degli Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni Roberta Montalto e l’assistente sociale Enza Rosano, i professori Teresa Consoli, Attilio Scuderi e Fabrizio Siracusano, che stanno curando il progetto per conto dell’Ateneo, gli operatori della cooperativa Prospettiva, da anni impegnata sui temi della devianza minorile, il referente dell’Istituto Psicoanalitico di Ricerca sociale di Roma, Antonio Fisichella, e il tutor dei ragazzi Giuseppe Siracusa.
Un impegno evidentemente corale che è stato possibile grazie all’impulso iniziale dell’Iprs, vincitore di un progetto su fondi PON Legalità 2014-2020 finalizzato a favorire l’inclusione sociale e la diffusione della legalità nelle regioni meridionali. Qui è nata l’idea di coinvolgere, per la prima volta in Italia, anche l’Università in attività di inclusione sociale per soggetti a rischio di devianza, ed è stata creata una rete con i Servizi della Giustizia minorile sul territorio – attraverso un protocollo d’intesa – con l’obiettivo di costruire piani educativi e percorsi di accompagnamento per i minorenni in carico al progetto, quotidianamente realizzati con l’intervento della cooperativa, soggetto promotore del tirocinio formativo, e supervisionati dal Tribunale.
L’Università di Catania ha risposto prontamente, ha offerto la disponibilità delle proprie sedi, ha verificato l’idoneità e la congruità dei servizi con i profili dei ragazzi da accogliere e, per questa prima sperimentazione, ha individuato l’Orto botanico come luogo di avvio del progetto.
“Se il progetto pilota avrà successo – ha voluto precisare il rettore – abbiamo tanti altri luoghi che possono ospitare esperienze analoghe: penso ai nostri musei, ma anche all’azienda agraria sperimentale. L’Università non deve occuparsi solo di formazione e ricerca, ma deve poter offrire al proprio territorio iniziative concrete di solidarietà e di inclusione sociale. Nella nostra struttura questi ragazzi possono acquisire nuove conoscenze, dandoci al tempo stesso una mano e divertendosi. Questo progetto ha tutto per poter diventare un valore aggiunto per le loro vite”.
“L’Orto è inclusivo per sua stessa natura – ha sottolineato il prof. Giusso, ringraziando tutto il suo staff per l’accoglienza quotidianamente riservata ai due ragazzi –, è un prezioso giardino aperto a tutta la città, per questo vogliamo sempre più esprimere tutto il nostro potenziale sociale anche con progetti riservati a persone diversamente abili”.
“Ci occupiamo di ragazzi che rientrano nella fascia dai 14 ai 25 anni, e cerchiamo di costruire dei percorsi individuali per ciascuno di loro, che mirano all’inserimento in circuiti formativi adatti alle loro esigenze e attitudini – ha spiegato la dottoressa Montalto, direttrice dell’Ussm –. Molti di questi ragazzi sono delle perle che attendono solo di essere valorizzate, lavorando sulle loro potenzialità: la chiave di volta di progetti come questo può senz’altro essere il coinvolgimento virtuoso dei soggetti pubblici e privati, attivando una sinergia tra istituzioni e terzo settore che può consentire di recuperare i ritardi e di mobilitare risorse a fronte delle sfide che ci attendono”.
Come recentemente testimoniato dall’inchiesta della Commissione Antimafia sulla Condizione Minorile a Catania, infatti, nelle periferie cittadine la situazione è davvero allarmante e impressionanti sono anche i dati sull’abbandono scolastico. “È un segnale importante, un atto di responsabilità che l’Ateneo manifesta verso il territorio e soprattutto verso i giovani che finiscono nel circuito penale per mancanza di alternative e per l’assenza delle istituzioni – ha sottolineato, anche a nome dei colleghi Scuderi e Siracusano, la prof.ssa Teresa Consoli –. Mostrando da tempo sensibilità e attenzione verso i fenomeni di devianza e criminalità del nostro territorio, Unict ha perciò accettato di sostenere attivamente percorsi alternativi di crescita per questi ragazzi e ragazze, di ospitarli presso le proprie sedi e di testimoniare che le istituzioni possono fattivamente aiutarli a costruire un futuro diverso”.