Quando ci si riferisce allo street food, il primo pensiero che viene in mente è il cartoccio di fish and chips, tipicamente inglese. Nel momento in cui si sbarca in Sicilia, però, questo termine assume dei connotati totalmente diversi. Sull’Isola, infatti, spesso e volentieri ci si riferisce al “cibo da strada” con il termine “tavola calda”.
La tavola calda siciliana è quello che alcuni definirebbero un vero e proprio lifestyle. In versione mignon o “esagerata”, al forno, pastellata o fritta: è il vero e proprio piatto forte delle feste, da quelle organizzate in casa alle inaugurazioni, passando per battesimi, cresime, persino ai matrimoni.
Non è solo uno “spizzicare”: è una tradizione radicata, della quale quasi si sente la mancanza nelle rare volte in cui questo elemento quasi “mistico” della cucina siciliana dovesse mancare. In fondo, non si può negare: quante volte, dai diciottesimi ai matrimoni, è capitato di dare l’assalto agli arancinetti banditi a tavola?
Eppure, girando per la Sicilia, seppur la tavola calda sia quella che potremmo definire un must, varia di provincia in provincia: ciò può stupire tanto il viaggiatore made in Sicily quanto il turista gastronomico più esigente. Basti uscire dalla propria provincia di riferimento, infatti, per avere l’impressione di essere approdati in un mondo completamente diverso.
Lo street food in giro per l’Isola
Si parta, ad esempio, da Catania: usanza comune per chi abita all’ombra dell’Etna è quella di far colazione, alla faccia del cornetto e cappuccino, con una cipollina. Questo pezzo, invitante già dall’odore, è composto da una sfoglia contenente prosciutto, formaggio, polpa di pomodoro e, naturalmente, cipolla fritta.
Mostro sacro della tavola calda catanese, non può mancare in ogni festa che si rispetti. E, accanto ad essa, il motivo delle diatribe tra la città etnea e il capoluogo siciliano: l’arancino. Rotondo, a punta, al ragù, al burro, al pistacchio: lo street food per eccellenza, buono tanto quanto la sua cugina palermitana, l’arancina. Quest’ultima si caratterizza per la sua forma “a palla”: il turista gastronomico noterà subito la differenza tra i due, senza però trovare un effettivo, golosissimo vincitore.
Fuori da Catania
Ma per trovare le prime differenze nella tavola calda siciliana non serve andare molto lontano: basta recarsi ad Acireale (CT) per notare dei profondi cambiamenti nello street food. Piatto forte della zona, infatti, è il pani cunzatu: se per i catanesi significa pane, olio, peperoncino e qualche acciuga, nella frazione di Scillichenti le cose cambiano radicalmente.
Ecco dunque che possiamo trovare il pane veramente cunzatu, ma di tutto. Partendo dal ripieno di pomodoro, che ne costituisce la base, si arriva fino alle varianti provviste, al loro interno, di alimenti più disparati come uova o tonno. Dunque, stesso nome ma alimenti diversi: e se invece accadesse il contrario?
Il caso della cartocciata
Questo, ad esempio, è il caso della cartocciata catanese: richiesta al di fuori della città etnea, essa è pressoché sconosciuta. Eppure, la si trova esposta: cambia semplicemente nome. Ecco che ad Augusta (SR) essa viene chiamata accartocciata, nelle zone di Agrigento, invece, la si chiama calzone, o fagottino.
Di forma simile sembrano i pitoni, o pidoni, messinesi: a differenza dei parenti sparsi in Sicilia, essi però si differenziano. Infatti, questi pezzi di tavola calda sono fritti. Non solo, al loro interno si possono trovare vari ripieni: il più comune, però, resta quello composto da indivia, pomodoro, acciughe e formaggio.
Cudduruni e scacciate
Noto con questo nome perlopiù in provincia di Siracusa, il cudduruni è una sorta di focaccia ripiena, proveniente dalla tradizione della città di Lentini. Suoi parenti sono nient’altro che le scacce ragusane, o l’impanata siracusana. Altro parente, probabilmente più noto, è la scacciata.
Cosa cambia tra queste pietanze? Fondamentalmente, nulla, se non il ripieno. Tipicamente preparate nel periodo natalizio, vengono farcite nei modi più disparati. Nel siracusano, per esempio, vi si può trovare la cipolla stufata col pomodoro, oppure i broccoletti. Altrove, è celebre il ripieno di broccoli e tuma, di carne o di patate.
Sfinciuni e pizzette
Il viaggio del nostro ipotetico turista gastronomico non può che concludersi nel capoluogo siciliano, Palermo. Chi si trova lì, non può che degustare il pane con le panelle (frittelle di farina di ceci) o con la mèusa (milza di vitello). Ma lo street food palermitano per eccellenza non è altri che lo sfinciuni: composto di pane pizza, al di sopra vi si trova una salsa composta da pomodoro, origano, acciughe e caciocavallo ragusano.
La salsa rossa non può che ricordare le pizze: anzi, le pizzette. Tipicamente, nelle zone catanesi, si può trovare questa sorta di “pizza in miniatura”. Tonda, di misura variabile, essa varia dalla classica margherita (incoronata dall’immancabile oliva), fino alle varietà più disparate. Attenzione, però: una volta fuori da Catania, nelle zone del messinese, la pizzetta diviene perlopiù una pizza al taglio, dalla forma rettangolare.
Quelli descritti finora sono pochi dei numerosi esempi di street food siciliano che potrebbero essere riportati, tanto che non basterebbe un viaggio soltanto. Basta spostarsi di pochi chilometri, infatti, per trovare un vero e proprio mondo nuovo, fatto di nuovi sapori, gustose specialità. Questa non è altro che un’altra dimostrazione della infinita varietà della Sicilia, una terra sorprendente non solo per chi la visita, ma anche per chi la vive ogni giorno.